lunedì 30 giugno 2014

EPISODIO 15


Jack O’Lantern

[di Marco Redaelli]




"Sia fatta la luce" disse Hurt.
Il circolo di candele attorno al divano si accese e illuminò la stanza di un bagliore spettrale. Hurt approvò con un grugnito, poi disseminò nella stanza frammenti di ametista: una manciata sotto il cuscino, una sul tappeto, una pietra sull’ombra proiettata da ogni candela. Come briciole di Pollicino per ritrovare la strada.
Andò ad aprire il baule nascosto nel doppiofondo dell'armadio, disinnescò le rune di protezione, fece la giusta sequenza di scongiuri e simboli per aria e lo aprì usando una chiave d’avorio, una di bronzo e una d'ottone. Era lì che custodiva gli oggetti più pericolosi... una borraccia ipotermica dentro la quale era sigillata una maledizione, una fiala contenente il sangue e un frammento di zanna dell’ultimo drago, e molti altre cose di cui sarebbe meglio non parlare. E in cima a tutti quei tesori troneggiava l’anima di Cheryl.
Legò la piccola sfera di cristallo al suo polso con una corda fatta coi capelli di un Serafino, poi respirò profondamente. Tutto era pronto. Si sdraiò sul divano e si preparò ad abbandonare quel mondo fatto di carne e materia per entrare in un altro, più spirituale.
Hurt non era un novellino dei viaggi astrali, ma quella volta avrebbe sperimentato qualcosa di diverso. Sembrava infatti non esserci modo di liberare la bambina dalla sfera e farle raggiungere da sola l’Aldilà. Avrebbe dovuto accompagnarla, avviarla nella giusta direzione, recidere il filo che li legava e poi tornare indietro.
Ma aveva fatto cose anche più strane.
Chiuse gli occhi. Un tempo era solito usare la tecnica dell’Onda Azzurra, ma da quando era diventata la preferita dei circoli New Age si era costretto a passare ad altro. Ripeté una frase apparentemente priva di senso in un mormorio sommesso, prima in modo corretto poi al contrario, concentrandosi solo sulle parole e abbandonando gradualmente ogni contatto con i propri sensi. Più ripeteva la frase più il suo mondo perdeva consistenza: si scordava di essere un corpo di carne e sangue e cominciava a confondersi con il resto. Il suo cuore iniziò a battere più forte e il detective si sentì pervadere da un familiare tremito, mentre ogni cellula del suo corpo lottava per tenerlo ancorato alla materia. Un turbinio di euforia lo avvolse, dando un ultimo strattone al suo spirito e catapultandolo verso un'altra esistenza.

L’anima di Cheryl brillava come una lanterna nell’oscurità del Mare Astrale. Nella sua forma fantasmatica non appariva più come la donna mostruosa che la mente del Violinista aveva creato, ma come la bambina biancovestita che era stata prima di essere catturata. Lo salutò con un sorriso e uno sfarfallio delle dita.
Il corpo astrale di Hurt era visibile solo parzialmente, e solo grazie al cordone luminoso che lo legava alla bambina, ombelico a ombelico. Era una sagoma in parte umana, percorsa da comete azzurre e con un moncherino al posto della mano destra.
In lontananza apparvero altre luci. Alcune immobili, forse stelle o galassie; altre svolazzanti e in continuo movimento, fuochi fatui, spiriti di altri viaggiatori o chissà che altro. Galleggiavano in un immenso oceano in balia della corrente. Se avessero nuotato troppo vicini alla superficie, Hurt avrebbe rischiato di tornare nel mondo terreno; se invece si fossero avventurati troppo in profondità… C’erano cose, là sotto, predatori antichi, che neppure il detective aveva mai affrontato. Ma era lì che dovevano andare.
Hurt si concesse un attimo per assaporare la sensazione di galleggiare libero dal proprio corpo. Rivolse un sorriso rassicurante all’anima che aveva giurato di salvare e si lasciò precipitare nell’abisso.
Alternò momenti di caduta a lampi di maggior cautela in cui cercava di muoversi in silenzio e passare inosservato alle presenze che infestavano quel regno. I Moscibecchi che si muovevano in branchi e avevano rostri come ibis se lo avessero percepito gli avrebbero succhiato ogni forza vitale; quanto alle Larve, a loro era meglio non pensarci nemmeno o avrebbe rischiato di attirarle.
Molti anni prima l'Episcopo gli aveva rivelato che non esisteva un singolo Aldilà, che ogni persona si creava il proprio e che questa idea proiettava un’ombra nel Mare Astrale; se si fosse rivelata abbastanza forte da diffondersi, si sarebbe ingrandita e avrebbe accolto nuove anime. Era per questo che il Paradiso poteva contare miliardi di spiriti e nel Piccolo Cuore di Unia viveva solo un'anima solitaria.
Quanto a Cheryl, lei era un caso particolare. Non aveva avuto la possibilità di scegliere e il peso di quella responsabilità ora ricadeva sulle spalle di Hurt. Si era preso molto tempo per ponderare quella decisione; dapprima si era chiesto dove gli sarebbe piaciuto finire dopo la sua morte, un luogo dai colori tenui dove le cicale non smettessero mai di cantare, con un tramonto perenne e il rumore del mare in lontananza. Ma sapeva che quelle speculazioni erano inutili, perché l’Aldilà che meritava era un altro.
Si era allora messo a sfogliare dei libri nella speranza di trovare qualcosa che facesse al caso suo. Aveva scartato i regni degli antichi dèi perché non erano posti adatti a un bambino; e anche il Paradiso, perché c’era qualcosa nel ferreo rispetto delle regole di un Dio remoto che lo inquietava più di tutti i demoni dell’Inferno.
Si era così imbattuto nella descrizione dell’oltretomba di una piccola tribù di indiani d’America. Parlavano di un regno fra le stelle, alla fine della Via Lattea, dove la malattia e la sofferenza erano bandite. Lì latte e miele scorrevano a fiumi, e vi erano alberi con nuvole al posto delle foglie che davano i più dolci tra i frutti; e uomini e animali giocavano insieme in praterie sterminate in cui i malvagi non potevano entrare. Sembrava un buon posto per riposare alla fine di un lungo viaggio. Hurt lo aveva scelto per Cheryl.

Non era difficile orientarsi nel Mare Astrale. La volontà modificava il percorso, e il desiderio la meta. La sua mano inesistente pizzicava ogni volta che si rivolgeva nella giusta direzione.
Il viaggio negli strati inferiori occupò più tempo del previsto. La luce era ancora scarsa laggiù: nessun viaggiatore astrale si avventurava più a quelle profondità, e nuotare lì sotto era come avanzare nella melassa.  
All’improvviso percepì un movimento alla sua destra, poi un rombo, come il suono lontano di mille cascate. Qualcosa gli passò accanto: era immensa, grossa come mondi interi, la pelle di un lucido colore nero. Riuscì solo a scorgere l’immagine fuggente di una zanna e quella di un immenso occhio scarlatto. Era una Larva.
Hurt rimase immobile, sperando che passasse oltre: c’erano mostri che nemmeno lui poteva combattere. Al contrario Cheryl non sembrò impaurita: gli si avvicinò con un sorriso radioso e gli strinse la mano fin quando la Larva non si fu allontanata. Il suo tocco era come il petalo di un fiore, e rinforzò la determinazione di Hurt. Ma il detective non fece a tempo a riaversi che una corrente improvvisa lo avvolse, costringendolo a voltarsi. Davanti a lui, seduto su un trono ornato di teschi, Baphomet lo guardava con atteggiamento malevolo.
“Allora eri davvero tu, Jack” disse. "Ho sentito il tuo puzzo appena hai messo piede nel Mare".
“Non è ancora il momento” disse il detective, la voce che tremava al pensiero del patto che aveva stretto. Si sentiva indifeso e impotente, con lo spirito nudo esposto agli occhi del demone.
“No che non lo è. Infatti non sono qui per te”. Indicò Cheryl con un artiglio curvo, accavallando le gambe. "Ma cos'abbiamo qui? Un'anima morta, che puzza già di vecchiaia".
Hurt si frappose tra lui e la bambina, pronto a difenderla nel caso ce ne fosse stato bisogno. “La sto portando nel luogo a cui appartiene. Non è affar tuo comunque”.
Il demone scoppiò a ridere, inclinando il capo all’indietro. “Bugiardo. Finché non raggiunge l’Aldilà non appartiene a nessuno”.
"Può essere" disse il detective. "Ma è la più pura delle anime. Non puoi toccarla senza bruciare”.
Il demone si toccò il naso di capra con un dito adunco. “Motivo per cui mi aspetto che sia tu a consegnarmela”.
Hurt si sentì gelare fin nelle ossa. Ricapitolò tra sé le armi che aveva a disposizione. Il conto gli venne facile: nessuna. Poteva contare solo sulla sua parlantina e sulla sua volontà di Mago, e non si era mai fidato troppo di nessuna delle due.
“E cosa farai per costringermi?" chiese, non troppo convinto di essere al sicuro. "Hai la mia anima. Puoi torturarmi finché vuoi, ma non cederò”.
“No?” Un mezzo sorriso si dipinse sul volto di Baphomet. “Mi rende orgoglioso saperlo. Sei una delle punte di diamante della mia collezione. Ma potrei sempre richiamare quella Larva con uno schiocco di dita, e allora divorerebbe sia te che la bambina".
Hurt si morse il labbro. “E se  ti offrissi qualcosa per non farlo?”.
“Un altro scambio?" disse Baphomet. "Non c’è più nulla che tu possa offrirmi. Quante anime pensi di avere?”
“Nessuno scambio. Una scommessa”. Il detective strinse con forza la mano della bambina. “Se vinco io mi riprendo la mia anima. Se vinci tu…” abbassò lo sguardo. “Puoi avere quella di Cheryl”.  Non avrebbe voluto giocarsi così la salvezza della bambina, ma l’alternativa sarebbe stata peggiore per entrambi.
“Una scommessa!” ruggì Baphomet. “Non c’è mai un momento di noia con te, Hurt!” Si alzò in piedi e batté le mani, e il trono si dissolse in una nuvola di cenere. “Accetto. E secondo le regole del duello, sarò io a decidere che genere di scommessa". Si massaggiò la barbetta rada, sghignazzando. "Ercole ebbe dodici fatiche, ma tu non hai nemmeno un briciolo della sua tempra. Tre prove potranno bastare. Tre… tentazioni”. 
Hurt annuì lentamente. "Accetto le tue condizioni".
Baphomet sogghignò. Batté nuovamente le mani e all'improvviso le tenebre li avvolsero.

Sopra la sua testa si accese una fila di luci al neon. Hurt si trovava in un lungo corridoio dalle pareti bianche, qualcosa di simile a un ospedale. Cheryl svolazzava vicino al soffitto come una falena impazzita.
“Dove sono?” chiese.
“Dov’eri prima”.
“Questo posto non è il Mare Astrale”.
“Oh, Jack!” disse il demone, scuotendo il capo. “Sai cosa pensa la neuropsicologia  del viaggio astrale?”
Hurt, che riteneva la psicologia una scienza alla pari dello studio delle aure, si strinse nelle spalle.
“Un malfunzionamento del sistema propriocettivo che dà la sensazione di non essere più nel proprio corpo. È solo nella tua testa”.
“Come ogni altra cosa, allora”.
Baphomet fece un gesto seccato con la mano. Il corridoio si riempì di teche, quadri e statue di cera. “Avvicinati" disse. "Guarda bene. Riconosci qualcosa di familiare?”
Hurt guardò. C’erano rotelle e ingranaggi esposti nelle teche, e orologi che sembravano essersi sciolti per il gran caldo. I quadri rappresentavano mostri impossibili, con sezioni analizzate nel dettaglio: spettri formati da pezzi di puzzle e grovigli di rose senzienti e dita grosse come palazzi. Quanto alle statue di cera, di un anonimo color grigiastro, erano modellate sull'aspetto di bambini felici.
“Mi sono permesso di frugare nella tua memoria per mettere insieme questo freak show” disse il demone. “Non c’è che dire... tu sai come farti dei nemici”.
"È tra i miei pregi”. Il detective fece una smorfia, distogliendo lo sguardo dalle immagini. Gli androidi del Clockworld, l’Alveare, la Dama Grigia... Entità che aveva trovato sul suo cammino e che non era ancora riuscito a sconfiggere. “Non capisco cosa tu voglia dimostrare”.
“Ti sei rivelato incapace di sconfiggere i tuoi nemici, Jack. È un fatto. Eppure tutti e tre hanno i loro punti deboli: basterebbe il giusto rituale, o il giusto artefatto, per porli alla tua mercé. Dammi l’anima di Cheryl e ti insegnerò come fare”.
Hurt considerò in silenzio quella proposta. Il fatto che avrebbe perso la scommessa non significava che non avrebbe potuto concludere un buon affare: mettere fine alla scia di morte e distruzione dell’Alveare, potersi  proteggere dalle ritorsioni del Clockwork Keeper; e, ancora, liberare tutti i bambini dal giardino della Dama Grigia... Sarebbe bastato così poco, per sciogliere i principali nodi della sua vita.
“Posso farlo da solo” disse. Si sentiva arrabbiato più con se stesso che con Baphomet. Stava per cadere nella sua trappola. Ma in quanti sarebbero morti o finiti prigionieri, mentre lui cercava un modo per vincere? Nemmeno il Mondo era riuscito a sconfiggere l’Alveare. Eppure... qual era il valore di un’anima innocente? Era sufficiente a ripagare un futuro di sofferenze?
“Forse sì” disse Bahomet, spiando tra i suoi pensieri “Ma più probabilmente no. Mi aspettavo questa risposta, detective. Sei divertente nella tua prevedibilità. Se ti venisse chiesto di scegliere fra un cucchiaio di miele e un cucchiaio di spine saresti con la bocca sanguinante in una manciata di secondi. Come se tu potessi  rimediare ai tuoi errori”.
“Ti sbagli" disse Hurt. Finalmente le cose stavano iniziando ad avere un senso. "Questa è una possibilità di redenzione. Anche se non ti avessi promesso la mia anima, sarei finito all’Inferno comunque; ma conto almeno di arrivarci integro”.
“Se fossi stato integro non avresti pensato alla possibilità di cedere" disse il demone. "Conosco i tuoi pensieri, Jack, e le tue debolezze: per questo non puoi vincere”. Baphomet inspirò profondamente; poi, prima che Hurt potesse ribattere, esalò una nube di oscurità ronzante che divorò ogni cosa.

Hurt riaprì gli occhi e si trovò in cima a un monte. Da lì poteva vedere il mondo, ogni nazione e città in un brulicare di vite umane; non come una mappa, né immagini confuse in successione, ma in ogni particolare, dall'uomo che esce in barca al movimento dei popoli verso la Terra Promessa.  
“Il Signore degli Eserciti sarà pur in grado di creare la vita sputando nel fango, ma è sicuramente un architetto zoppicante”. Il demone sedeva a gambe incrociate sulla cima del monte, la grossa testa sorretta dalle braccia. “Penso sarebbe stato meglio creare un posto del genere fin dal principio, da cui poter osservare i difetti e gli abomini del Suo Creato”.
Hurt sorrise a quelle parole. “Fammi indovinare. Tutto ciò che vedo un giorno sarà mio?” Alle sue spalle, Cheryl nascose un risolino dietro una mano.
“In verità sta a te decidere" disse Baphomet. "Affacciati e osserva, Jack, se riesci a sopportare questa vista”.
Irresistibilmente, come sotto un incantesimo, la curiosità spinse Hurt sul dirupo e gli fece gettare un'occhiata sulla Terra.
In Giappone un vecchio pescatore accettava il dono a doppio taglio di un kappa, ignorando il prezzo che avrebbe dovuto pagare. In Islanda un troll banchettava con ciò che restava di una gita fuori porta di un gruppo di boy-scout. Nella Città del Vaticano un bibliotecario degli archivi segreti evocava un orrore che non sarebbe mai più riuscito a rimandare indietro.
“Cosa vedi?” bisbigliò il demone al suo orecchio.
Hurt si strinse nelle spalle. “Normale amministrazione” disse, ma con una punta d’amarezza nella voce. In vita sua aveva affrontato decine di casi del genere, solo che…
“Solo che ora tu non sei lì” disse Baphomet. “Per ogni donzella che salvi, altre venti vengono divorate dal drago. Per ogni oggetto maledetto che purifichi, altri cento vengono creati". Il demone gli si avvicinò e fece per prenderlo sottobraccio, ma il detective si divincolò e arretrò di un passo. "Un uomo solo non può salvare la Terra” lo avvertì.
Hurt rimase in silenzio, non sapendo cosa dire. Il demone aveva ragione.
“Dammi l’anima di Cheryl" insistette Baphomet, "e io farò in modo che tutto questo cambi. Ti darò le risorse per ricostruire il Mondo, ti farò dono di forzieri traboccanti di tesori e manderò sogni ai giovani più promettenti affinché vengano da te per essere addestrati. La bambina potrà valere quanto vuoi, Jack, ma vale da sola l'anima del pianeta?”
Davvero aveva pensato di preferire Cheryl alla salvezza di sette miliardi di persone? Si immaginò il futuro che Baphomet andava delineando: lui, Jack Hurt, sarebbe stato un nuovo Messia, e coi suoi discepoli nella luce avrebbe spazzato via i mostri e le paure che da sempre soffocano l’uomo, permettendogli alfine di sbocciare e assurgere al posto che gli spettava accanto agli dèi. Forse, con un esercito al suo fianco, avrebbe addirittura potuto sfidare lo stesso diavolo...
Il detective  rise, scuotendo il capo. "Come se non sapessi quello che sta per succedere". Si voltò e provò a guardarlo negli occhi, ma un mortale non può fissare a lungo un demone e persino Hurt dovette distogliere lo sguardo. "State perdendo" disse. "Siamo nell'Era dell'Acquario, e anche se non dovessi fare niente non c'è dubbio che presto sarete tutti annientati. Devo solo aspettare e mi serviranno il tuo culo su un piatto d'argento".
Baphomet socchiuse la bocca ed esalò una nuvola di zolfo. "Hurt, tu stai giocando col fuoco" lo avvertì. "Chi ti dice che non sarai tu colui che compirà l'impresa? Chi ti dice che non sia questa l'occasione che la Sorellanza ti offre per realizzare l'Era dell'Acquario?"
Il detective non smise di sorridere e si toccò il naso con la punta del dito. "Non credo. Ho già visto cosa riserva il futuro". 
Baphomet sputò a terra, sprezzante, e il monte su cui si trovavano crollò in pezzi. "Così, per la tua sicumera, condanni miliardi ad attendere la realizzazione di una profezia".

Il detective si svegliò, batté le palpebre e si rialzò. Si guardò attorno alla ricerca di Cheryl, e solo quando si fu assicurato che il loro cordone reggeva ancora fece caso a dove si trovavano.
Sembrava un deserto di sabbia argentea, pieno di cocci di vetro. In cielo comete multicolori cadevano all’impazzata, mentre da una pallida luna il volto di Baphomet ghignava soddisfatto.
“Questo sarebbe il mio Natale Futuro?” chiese Hurt.
“È quello presente, invece”.
Dal nord si levò un vento freddo che fece rabbrividire Hurt. Cheryl smise di fluttuare per aria, scese a terra e si andò a nascondere dietro la sua schiena, come se fosse impaurita da qualcosa.
Lo sguardo di Hurt venne catturato dallo scintillio dei cocci di vetro sulla sabbia. All'inizio non capì cosa fossero, con quei colori sbiaditi che turbinavano al loro interno, ma alla fine comprese. Riflettevano immagini della sua vita, persone che aveva perso da tempo o che erano ancora con lui. Lui e Lilian stesi accanto a un fuoco, a raccontarsi storie di fantasmi sotto il cielo dell'Italia; Rosemarie seduta alla sua scrivania, intenta a rispondere a un cliente; lui e Charlie che costruivano una barchetta di carta da far navigare nella vasca da bagno dei loro genitori; sua madre e suo padre, Daniel, l'Episcopo, Billy e lei, la donna dai capelli rossi che non riusciva a dimenticare, e che nel Mondo era conosciuta con il nome della Forza.
Queste e altre immagini avvolsero Hurt in una rete così fitta da lacerare il suo spirito. Un villaggio in Papua Nuova Guinea era stato distrutto dalle fiamme perché egli non era riuscito a esiliare un Chimerico in tempo; un ragazzo era rimasto orfano perché non era stato in grado di liberare i suoi genitori; il cadavere di una bambina era avvolto nel suo impermeabile perché non aveva potuto salvarla da se stessa.
Alla fine non importava quanto le sue intenzioni fossero buone: tutti quegli sbagli e quegli errori lo avevano reso un emarginato, lo avevano spinto lontano dalle persone che aveva amato e lo avevano reso troppo spaventato per cominciare a costruire dei nuovi rapporti. Se solo avesse potuto tornare indietro…
“Ma tu puoi tornare indietro” disse Baphomet. “È  questo che ti sto offrendo. Ripartire da una nuova vita, con la consapevolezza degli errori della vecchia. So che non chiedi altro. Varrà pur un’anima questa offerta!”
Per un attimo l'idea lo paralizzò. Aveva rifiutato un futuro migliore e la salvezza dell’umanità per la piccola Cheryl, ma era pronto a rifiutare anche la vita che aveva sempre sognato?
“Io…”
Doveva aspettare, prendere tempo. Ma era una possibilità così allettante! Avrebbe ripercorso i propri passi conoscendone in anticipo il percorso: avrebbe saputo che incantesimi tessere attorno al letto di Charlie per non farlo rapire delle fate, avrebbe riconosciuto da subito la minaccia di King e gli avrebbe impedito di danneggiare il Mondo, sarebbe riuscito a fermare in tempo gli attacchi delle bestie dell’Alveare. Così tante cose sarebbero potute cambiare, se solo avesse potuto ricominciare daccapo!
E poi non sarebbe stato più solo. Lilian e Rosemary non sarebbero morte, e tutti i suoi compagni del Mondo sarebbero stati con lui e ad accompagnarlo nel suo viaggio verso la vittoria contro le forze del male. Con un po’ di fortuna, perfino la donna coi capelli rossi sarebbe rimasta al suo fianco.
Non valeva la pena di condannare una sola bambina per questo? Avrebbe ripagato il suo sacrificio in migliaia di modi, questo sì, era un uomo d’onore. Ma almeno sarebbe riuscito a vivere un po’ di quella felicità che gli era stata ingiustamente preclusa.
“Credo che…”
Lo sguardo gli cadde su un frammento di vetro semisepolto nella sabbia. Al suo interno vide muoversi due sagome: il bambino che era stato e suo padre, nel laboratorio del negozio, che ridevano mentre lavoravano per riparare una teiera in frantumi.

La madre di colui che sarebbe diventato Hurt teneva moltissimo alla sua teiera. Era un cimelio di famiglia, tramandato di madre in figlia, e neanche suo padre antiquario era mai riuscito a capire quanti anni avesse.
Un giorno, correndo per casa, il piccolo Jack aveva urtato la teiera. Era stato un tocco leggero, di cui all’inizio non si era nemmeno accorto; ma tanto era bastato a farla cadere sul pavimento e a mandarla in mille pezzi. Sua madre lo aveva sgridato e messo in punizione, ma suo padre non aveva detto nulla, limitandosi a scuotere la testa e a sospirare.
Jack aveva deciso di rimediare. Aveva rotto il suo salvadanaio, e coi suoi risparmi era andato a comprare un’altra teiera. Non era bella o costosa o raffinata come la vecchia, ma era pur sempre una teiera, e Jack sperava che tanto bastasse. Mostrò orgoglioso a suo padre l'acquisto, ma rimase deluso nell'osservare, dopo l’iniziale reazione di sorpresa, la tristezza nei suoi occhi. In silenzio aveva afferrato la piccola mano del figlio e lo aveva accompagnato nel suo laboratorio. Lì, su una scrivania ingombra di strumenti da restauro, c’erano tutti i frammenti della vecchia teiera.
“Non diventerai mai un uomo se prenderai simili scorciatoie, Jack. Nella vita non si possono ignorare i propri sbagli e sostituirli con qualcosa di nuovo. Se rompi qualcosa, la devi aggiustare“.
“Ma non si può aggiustare!” aveva piagnucolato Jack, fissando con rammarico la teiera nuova che ancora stringeva tra le mani.
“No che non lo è. Tutto può essere riparato, anche se niente può tornare come prima”.
Il bambino esitò. Si avvicinò al banco da lavoro, prese in mano due cocci di porcellana e provò a farli combaciare. “Non sono capace” disse.
“Ti insegnerò” aveva detto suo padre, scompigliandogli i capelli. “Sono qui per questo”.

Hurt strinse la mano di Cheryl, e quel contatto parve infondergli una forza che non immaginava di avere. I cocci di vetro si alzarono in volo, lasciandosi dietro un turbinio di sabbia argentata, e si ricombinarono tra loro in ammassi che crescevano e si muovevano come dita in cerca del cielo, si spostavano e si ricongiungevano unendosi in qualcosa di più grande e complesso, dando vita a una città di cristallo fatta di torri e guglie.
“Non ho bisogno di te” urlò al demone. “Sconfiggerò i miei nemici da solo, ricostruirò il Mondo da solo, e mi creerò una nuova vita da solo, senza le tue scorciatoie. Hai perso, Baphomet”.
Il demone non era più nella luna. Alle spalle del detective, di nuovo seduto sul suo trono di ossa, egli lo stava fissando a metà tra il divertito e il disgustato. Alla fine applaudì. “Hai superato la prova" disse. "Per poco”.
“Per poco” concesse Hurt. “Ora dovrai rispettare gli accordi”.
Il demone sbuffò, e per un istante il suo volto fu offuscato da una nube di collera. “Siete liberi, tu e la tua lanterna". Spalancò la bocca ruminante e belò con allegria. "Siete stati un piacevole intrattenimento, per quello che è durato”.
Hurt crollò sulle sue ginocchia. Aveva vinto. Ora poteva finalmente portare a termine la sua missione, e una volta tornato nel mondo degli umani aggiustare quello che rimaneva della sua vita. Lo doveva a Cheryl, la cui anima aveva messo in pericolo, e lo doveva anche a se stesso, che l'aveva salvata.
“Oh, quasi dimenticavo”. Baphomet ghignò. “Non ti voglio più vedere, Jack. I cancelli dell’Inferno ti sono preclusi per sempre”.
L’investigatore rimase sbalordito, senza capire. Poi una scintilla di comprensione si accese nella sua mente, e con essa l’orrore.
“Questo viaggio è stato illuminante, sai? Il Paradiso non ti accetterà di certo e non sei abbastanza pentito per il Purgatorio. Sei troppo narcisista per il Nirvana e a quanto pare non vai d’accordo con l’idea della reincarnazione. Non parliamo neanche degli aldilà degli altri dèi, perché non esiste pantheon che non ti sia inimicato. Ti restava solo l’Inferno”.
“Quindi… cosa sarà di me?” balbettò lui.
Hurt sapeva che gli erano rimaste solo due possibilità: rimanere sulla Terra in forma di fantasma e impazzire con il passar dei secoli, o vagare nel Mare Astrale fino ad essere divorato da una Larva... L’Inferno era un male conosciuto, confortante a suo modo, ma quell’incertezza lo terrorizzava. Capì di essere stato giocato: fin dall'inizio, qualunque cosa avesse fatto, il demone sapeva che sarebbe stato lui a perdere.
Baphomet si strinse nelle spalle. “Improvvisa” disse, e scomparve.

...

C’era una bolla di sapone sul fondo del Mare Astrale, grande quanto un pallone da calcio. Al suo interno, in un vortice di stelle, si intravedeva un piccolo ma felice lembo di terra, dove gli alberi avevano nuvole al posto delle foglie e i bambini nuotavano in fiumi di latte e miele.
Hurt strinse un’ultima volta la mano di Cheryl, poi, aiutandosi con i denti, strappò il filo argenteo che li teneva uniti. Quindi le rivolse un sorriso rassicurante. "Puoi andare" le disse.
La bambina fece il gesto di mandargli un bacio. Prese la bolla di sapone fra le mani, l’Aldilà dove avrebbe potuto riposare, e chiuse gli occhi.
La sua luce iniziò ad andare e venire, a intermittenza. I lampi si fecero sempre più intensi e rapidi, e il cuore di Hurt venne inondato da una serenità che non aveva mai provato prima, tanto forte da fargli scordare i suoi dolori.
In un lampo finale, poco prima di lasciare il Mare Astrale, la luce dell’anima di Cheryl divenne così brillante da riempire il vuoto e l’oscurità, inglobando in sé ogni cosa.
E in cuor suo Hurt seppe, per una volta, di aver fatto la cosa giusta.

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