lunedì 16 giugno 2014

EPISODIO 13


Darkwater Falls [pt. 2]

[di Riccardo Calandra]




Hurt era a terra e non dava alcun segno di vita. Era solo riuscito a voltarsi quel tanto che bastava per evitare di cadere addosso a Selene.
Franz aveva visto la porta aprirsi e i due cadere. Era corso da loro, li aveva afferrati ognuno per una gamba e li aveva trascinati lontano dalla casa. La porta era rimasta aperta, ma il ragazzo aveva preferito non guardare all'interno.
Hurt si mosse leggermente, ebbe un fremito e aprì gli occhi. Poco lontano da lui Franz era chino su Selene, l'orecchio poggiato sul suo petto. Appena si accorse che il detective era in piedi si staccò da lei.
"È viva" disse. "Ma sembra in stato di shock".
Hurt barcollò in avanti, ma riuscì a fare appena un passo prima di cadere in ginocchio.
"Come fai a saperlo?" 
"Studio medicina, signore. Sono quasi laureato".
Hurt era sorpreso, ma anche sollevato. Selene era viva. In quel momento iniziò a capire quanto ormai quella ragazza contasse per lui.
"Cos'è successo lì dentro?" chiese Franz. La sua fronte era cosparsa di minuscole gocce di sudore.
"Qualcosa ci ha attaccati" disse il detective mentre si sedeva. "Il Violinista esiste. Avrei dovuto crederti. Sarei entrato più preparato, e forse sarebbe andata diversamente. Siamo stati fortunati". La sensazione di confusione cominciò a sparire, ed egli riuscì a pensare più lucidamente.
Non era un fantasma quello che aveva visto. Ma non si trattava nemmeno di un demone. Un Poltergeist, forse. Le porte che sbattevano, il pendolo che aveva iniziato a suonare... Tornava.
"Io non sono morto, Jack. Conosci la mia storia, eppure sai così poco di me. Mi credi un fantasma? Ti sbagli". Quella frase... Nessun fantasma o Poltergeist gli aveva mai detto nulla di simile. Era la prima volta che un'energia residua resisteva così facilmente all'evidenza di non essere più di questo mondo.
"Mi servono protezioni, Franz" disse. "Torniamo a casa tua. Selene deve riposare".
"Forse ha più bisogno di andare all'ospedale" borbottò il ragazzo, ma il detective fece finta di non averlo sentito.

Erano di nuovo nell'appartamento di Franz. Hurt si fece prestare un barattolo di sale grosso e un pennarello rosso, poi prese una manciata di sale e lo appese, chiuso in un sacchetto, alla cintura. Con il pennarello rosso iniziò a tracciarsi addosso i sigilli di protezione.
Franz guardava ammutolito. Mentre il detective lavorava, a bassa voce intonava litanie che il ragazzo non riusciva a capire. Quando ebbe finito, Hurt era quasi completamente ricoperto di segni magici, escluse le parti che da solo non poteva raggiungere. Selene avrebbe potuto aiutarlo, ma in quel momento questo era il meglio che poteva ottenere.
"Franz, tu resta qui e bada a Selene". Il suo tono di voce era sicuro, deciso, di chi si è già trovato in situazioni del genere e se l'è comunque cavata. "Vado a recuperare quella maledettissima anima".
"Jack... Eh... Signor Hurt?"
Il detective si voltò verso Franz. Il ragazzo lo fissava di rimando, serissimo.
"Ce la farà, vero?"
Hurt si voltò di nuovo e alzò la mano a mo' di saluto.
"Ce l'ho sempre fatta" disse, col tono più tranquillo che gli riuscì di imitare.

La notte era scesa su Darkwater Falls. Hurt era l'unico a camminare lungo le strade buie. Aveva acceso una sigaretta e la fumava a boccate veloci, ma in realtà il bisogno più forte era quello di bere.
Si trattenne: sapeva di aver bisogno di tutta la sua lucidità per affrontare il Violinista, per recuperare l'anima della bambina e magari per tornare a casa intero. Eppure il pensiero che ci fosse qualcosa di incredibilmente sbagliato continuava a tormentarlo. Ripensava alla frase che il Violinista aveva detto prima di attaccarlo.
"Io non sono morto, Jack".
Il silenzio regnava su tutto quando alla fine il detective si trovò davanti alla casa del Violinista.
La sua sola vista lo nauseava. Scacciò le sue preoccupazioni, liberò la mente e mosse un passo all'interno.
Chiudiamo per bene l'ingresso questa volta, eh?
La porta si richiuse alle sue spalle. Istintivamente Hurt provò la maniglia: era bloccata.
Questa volta l'entità non si era espressa attraverso la mente del detective. La voce era chiaramente udibile all'esterno. Nel mezzo della stanza, di fronte a lui, il buio parve condensarsi in un punto e prendere la forma di un uomo vestito di nero, molto elegante nel suo smoking antiquato. Reggeva in mano quello che doveva essere uno strumento musicale, anche se Hurt non ne aveva mai visti di quel genere.
"Questa volta è più cauto. I sigilli funzionano" pensò Hurt.
"Le chiedo perdono per come mi sono mostrato precedentemente". L'uomo di fronte a lui lasciò che sul suo volto si dipingesse un accenno di sorriso. "La rabbia gioca pessimi scherzi, come sono sicuro lei saprà".
Hurt non si degnò di rispondergli. Si limitava a studiare la figura che aveva di fronte.
"Mi dispiaccio, le ripeto, per come le cose ci sono sfuggite di mano. Ma so cosa cerca da me una persona come lei. D'altra parte per cosa uno dovrebbe venire fino a qui, se non per la mia Cheryl?" Al suono del nome della bambina la voce si era fatta gracchiante, proprio come se fosse emessa da una radio mal sintonizzata.
In quel momento il pendolo batté dodici... no, tredici rintocchi. Di nuovo Hurt si sentì colto dal panico: qualcosa dentro di lui iniziò a muoversi mentre una sensazione di nausea lo avvolgeva come una calda coperta, soffocandolo.
"Dov'è?" riuscì a chiedergli.
"Alloggia nelle stanze più sicure della casa. Non siete il primo a venirla a cercare, ma lei non vuole essere disturbata".
I rintocchi del pendolo continuarono, facendosi mano a mano più rumorosi, finché ad Hurt sembrò di aver dimenticato qualsiasi altro suono. Iniziò ad avere paura: i sigilli avrebbero dovuto bloccare la forza di un Poltergeist, ma per il momento sembravano non attivarsi.
Fu come se la cosa che gli stava di fronte avesse capito. Allargò ancora il suo sorriso, mostrando al detective una fila di denti gialli e marci. "Cosa si è disegnato addosso? L'ho già detto, credo, che non sono un morto".
"Leggi nella mia mente...?".
Ormai Hurt era in ginocchio. Intorno a lui le porte sbattevano di concerto e la casa pareva quasi urlare. Tentò di portarsi le mani alle orecchie, ma scoprì di non esserne capace.
È OVVIO, IDIOTA!
Era di nuovo il pensiero, esploso nella mente del detective proprio mentre finiva di pronunciare la sua domanda.
Si metta comodo, Jack, disse il Violinista. Le farò ascoltare la mia musica.
La schiena di Hurt si inarcò fino a toccare terra. Il detective urlò, poi tutto attorno a lui divenne nero.

La risata di un bambino... Pura e cristallina. Nel buio il bambino corre, allontanandosi da lui. Ovunque è disperazione che inghiotte membra e spirito.
CHARLIE.
Correre disperatamente, inseguire il bambino che fugge e si allontana incontro al nulla. Sta correndo verso la rovina del mondo. Un'esplosione accecante mentre il bambino si volta: il suo è un volto deforme. Occhi neri senza pupilla lo fissano dal fondo di abissi senza fondo.
"Mi hai lasciato andare, fratellone" dice il piccolo mostro. "La Dama Grigia ha regali per me, tutto quello che voglio. Mi vuole bene come loro non me ne hanno mai voluto. Non tornare a prendermi".
Il volto sfigurato risplende e si sfalda. Le mani di Hurt brancolano tra i frammenti liquidi, si attorcigliano intorno al vuoto. Il viso di King, fisso, si concretizza tra le ombre: la sua bocca, enorme, si apre in un sorriso.
"Ci hai uccisi tutti!" urla nel buio.

L'ultimo rintocco echeggiò a lungo nella sua mente. L'argenteria vibrava sui tavoli e sugli scaffali. Il pendolo osservava la scena, e finalmente era silenzioso.
Hurt aprì gli occhi e urlò con tutta la forza che aveva. Non si trovava più nello stesso punto in cui era caduto. A terra, nell'oscurità di fronte a lui, vide una pozza di sangue che doveva essere il suo. Alzò le mani per tastarsi la fronte, ma il riflesso del dolore lo obbligò a ritirarle. Una ferita ancora aperta la percorreva in verticale. Il detective urlò di nuovo.
"Cosa mi hai fatto?" chiese alle tenebre.
Il Violinista era scomparso. La sua voce si spandeva da un punto imprecisato della casa.
"Ha la testa dura, signor Hurt. Pensavo che a un animale come lei convenisse una morte semplice. Ma la sua configurazione è davvero interessante. Ha fatto cose spiacevoli, ho ragione? Il suo passato la tormenta, la... divora".
Con uno sforzo il detective riuscì a rimettersi in piedi. Configurazione? pensò, abbastanza forte da farsi sentire dal Violinista. Il dolore alla testa era quasi insopportabile. Barcollò in avanti cercando di mantenere l'equilibrio.
"Non somiglia agli altri animali" disse la creatura. "E forse è doveroso per me ricompensarla delle sue fatiche. Mostrarle magari il motivo per cui è giunto, sì?".
Un gemito debole pervase la casa. Hurt capì che qualcosa stava arrivando, avanzando a passi lenti e strascicati. Alzò lo sguardo sulla figura che si muoveva verso di lui.
"Chi è che bussa, mio tesoro?" disse una voce che non era quella del Violinista.
Era una donna. Man mano che si avvicinava, il detective notò il movimento ondulatorio delle braccia scheletriche. I capelli lunghissimi crollavano arruffati sulla schiena e sul vestito bianco che indossava, macchiato e strappato in diversi punti.
"Questo qui è venuto a trovarci?" chiese la creatura, la voce che saltava di semitono in semitono, in una confusione disarmonica orribile a sentirsi. Si rivolse a Jack. "Questo è il mio posto. Lui mi protegge. Noi ci amiamo".
Ormai lo aveva raggiunto. Hurt fu costretta a distogliere lo sguardo dal volto incavato che stava a pochi centimetri dal suo. La mano fantasma gli bruciava. Era Cheryl, la bambina che era venuto a  cercare, ma era anche un'anima sfigurata dal tempo trascorso in quella casa.
"Noi siamo una cosa sola." sussurrò la creatura all'orecchio di Hurt. Il suo alito sapeva di sterco e di cose morte. "E io con te non ci vengo!" urlò con voce infantile.
I pensieri di Hurt turbinarono confusamente. Non capiva perché i sigilli non stessero funzionando. Il sale era sparso ovunque, il sacchetto caduto quando il Violinista lo aveva attaccato. Stava combattendo qualcosa che non riusciva a capire.
La risata rauca del Violinista riempì la stanza mentre il pendolo ricominciava a battere. Hurt fece due passi e si aggrappò allo stipite della porta per non cadere.
Lentamente le sue mani cominciarono a perdere di sensibilità. Le gambe diventarono molli. Poco prima di cadere nell'oblio, il detective riuscì a lanciare uno sguardo di fronte a sé. Dentro la porta... dentro l'intelaiatura dello stipite... ingranaggi si muovevano ritmicamente, avanguardie di un'opera sconosciuta.

Il freddo gelido riempie le ossa. Siamo in due, siamo compagni, siamo insieme. Nulla ci fermava, vero Jack?
Lilian emerge dalla tormenta, avvolta dalle rose intricate, il viso spezzato a metà dal colpo di pistola che le ha tolto la vita.
Jack, come hai potuto lasciarmi morire?
È la voce di Lilian, carica di anni di colpa e risentimento.
Jack, ero giovane e bella. Guardami ora.
Non ti importa nulla di noi. Siamo solo figure che ti passano accanto mentre compri la teiera. La tormenta si fa tagliente, il dolore penetra nel corpo, e Lilian guarda e piange dall'unico occhio che le è rimasto. Ancora una volta le mani di Hurt tentano di afferrarla, ma l'immagine scivola via, ricoperta dalle nevi turbinanti, e scompare, lasciando dietro di sé solo il rimpianto.

Il detective riaprì gli occhi. Stavolta il dolore era così forte che rischiò di farlo svenire di nuovo. Abbassò lo sguardo, cercando di capire dove fosse, e vide che lungo le tracce dei sigilli che si era disegnato si aprivano lunghe ferite. Sentì tra le mani il peso di un coltello... Lo lasciò cadere: era stato lui a farsele.
Si rese conto di trovarsi davanti al pendolo, in ginocchio.
"Non si deve preoccupare per il dolore" disse la voce del Violinista. "La prossima volta la uccido".
La creatura si librava accanto a lui. Lo guardava da vicino, fissandolo negli occhi. Eppure Hurt gli stava sorridendo.
"Questa...." riuscì a biascicare, privo di forze. "Questa è un'illusione".
Il Violinista si alzò di scatto, guardando fisso dentro il pendolo. Poi scoppiò a ridere.
"Mi congratulo, detective!" La voce del Violinista aveva assunto una tonalità diversa. Tutte le formalità sembrarono averla abbandonata, ma mantenne comunque un certo contegno. "Hai visto gli ingranaggi, vero? Nello stipite della porta? Tanto vale che ti mostri anche il resto". Sorrise orgoglioso mentre spiegava la sua opera. "È un lavoro di ingegneria grandiosa, il mio. Lo strumento migliore che abbia mai realizzato. Goditi lo spettacolo... perché non ti rimane molto tempo per farlo".
Il detective sentì come un rumore di fondo che si fermava all'improvviso. Non si era reso conto della sua presenza finché non aveva smesso, e con orrore capì che il rumore era nel suo cervello. La casa intorno a lui iniziò a sgretolarsi, rivelandosi per quello che era veramente. Il cemento coperto di muffa perdeva di consistenza, assottigliandosi in piccole scaglie che cadevano e si dissolvevano.
Griglie arrugginite sostituivano le pareti. Oltre, le grate rivelavano un gigantesco sistema di ingranaggi e pistoni in movimento. Archi voltaici scaricavano alternativamente l'uno sull'altro, carichi di elettricità statica; fasci di cavi e tubi  per il trasporto del vapore correvano lungo le pareti, il pavimento e il soffitto, e convergevano tutti verso un unico punto: il pendolo di fronte ad Hurt.
"Ecco come conservi le anime".
Questa volta il Violinista parve turbato. La sua voce sembrò assumere una nota più cauta.
"Sei furbo... Più di quanto lo siano le altre bestie. Ma non mi porterai via il mio amore".
Anche il pendolo aveva cambiato aspetto. Ora pareva una semplice struttura cilindrica formata da un reticolo di magneti: al suo interno, come imprigionata, guizzava una strana luce... Hurt era sicuro che fosse quella la chiave di tutto. La disposizione dei magneti, la loro configurazione, come in un sigillo d'evocazione, pensò all'improvviso. La lancetta dei minuti si muoveva regolarmente verso una tacca rossa di ruggine  incisa nel quadrante. Quella delle ore, fissa sul 7, era coperta di ruggine. Sembrava non essersi mossa da molto tempo.
Il sorriso di Hurt si allargò mentre cercava di tenere a bada il dolore.
"Ecco cos'è la configurazione" disse, rivolto alla cosa che aveva di fianco. A quel punto non poteva fare a meno di provare un senso di trionfo.
"Configurazione mentale. L'anima racchiusa nei campi elettrici del sistema nervoso. Preservarla è preservare ogni pensiero, ogni ricordo, ogni schema mentale. Una strana forma di immortalità".
"Tu..." provò a dire la creatura.
"Attento" lo avvertì il detective. "Imprigionare l'anima in un macchinario non è stata la migliore delle idee. Suppongo che il tuo corpo si sia lasciato morire qui, da qualche parte". Lo guardò con un misto di disgusto e ammirazione. "Devi essere stato un genio, in vita".
La figura del Violinista iniziò a vibrare. In alcuni punti sembrava saettare fuori dalla sua forma, e poi immediatamente tornava a ricomporsi. La lancetta era a metà strada verso la tacca rossa.
"Avresti dovuto limitarti a te stesso. Non avrei avuto nessun motivo per immischiarmi nel tuo piccolo mondo. Ma la sua anima è un'altra storia". Si tolse dagli occhi la fuliggine e si protese verso il pendolo. "Oltretutto, qualsiasi destino sarebbe meglio che rimanere qui".
"Jack, non lo fare" lo pregò il Violinista. "Io la amo, e lei ama me. Non esiste nulla qui per me, eccetto lei. Siamo soli a questo mondo, detective!". Sembrava che stesse per appoggiargli una mano sul braccio, ma questa si mise a sfarfallare e a cambiare di posizione in continuazione. "Non portarmela via".
Hurt lo guardò un attimo, quasi impietosito, ma scosse la testa.
Un ululato lugubre echeggiò in tutta la casa. La figura del Violinista tornò a deformarsi: una corona di denti aguzzi emersero attorno al suo cranio, e lo strumento che teneva in mano si fuse col suo scheletro mutandosi in qualcosa che somigliava a una mazza. Con un urlo si lanciò contro il detective.
Hurt estrasse la Colt con la mano fantasma e sparò un solo colpo contro il quadrante del pendolo. Intorno a lui tutti i macchinari ansimavano, e lottavano contro la ruggine e il tempo.
Il quadrante esplose e la figura deforme del Violinista passò attraverso di lui, lasciandolo illeso. Era solo un'altra illusione. Il detective aveva capito il funzionamento del macchinario non appena aveva visto la tacca incisa nel quadrante: serviva tempo ai magneti per caricarsi e permettere al Violinista di influenzare il sistema nervoso di un'altra persona. Egli capiva quando arrivava il momento perché il pendolo suonava... ma quando i tredici rintocchi si esaurivano era costretto a fermarsi.
Dietro ai resti del quadrante una piccola sfera di vetro, crepata in qualche punto, brillava di luce blu. Un reticolo intricatissimo di magneti ne copriva la superficie, imprigionando e sostenendo la configurazione della bambina. La afferrò mentre la voce del Violinista riempiva la stanza.
"FERMATI! NON PUOI RUBARMELA! NON POSSO RESISTERE DA SOLO. QUESTO MONDO È... ORRIBILE!"
Hurt si incamminò verso l'esterno e la porta si aprì cigolando.
"È il mondo che ti sei creato" disse.
I rintocchi del pendolo ricominciarono, ma ormai il detective era quasi fuori. Iniziò ad avvertire una leggera emicrania. La figura del Violinista si scagliò contro di lui in uno sforzo disperato e incoerente di fermarlo, ma Hurt fece un passo, uscì all'esterno e con un calcio si richiuse la porta alle spalle.
Dall'altra parte della casa qualcuno iniziò a piangere e a picchiare contro le pareti. Hurt cercò di non prestarci attenzione e, a testa bassa, nascondendosi l'anima in tasca, si incamminò verso casa di Franz.

Di nuovo al palazzo dove abitava Franz, il detective si sentiva più stanco che mai. Nonostante quello che si ripeteva, questa volta era stata più dura del solito. Il suo pensiero, però, in quel momento non era rivolto all'anima che aveva in tasca, ma a Selene.
Da fuori, guardando verso l'alto, riconobbe la finestra, una delle poche illuminate nella facciata. Immaginò Selene, sperando fosse sveglia per poterla ringraziare di quanto aveva fatto. Mentre saliva le scale, dopo aver gettato un'occhiata all'ascensore, si accorse che i tagli lungo i sigilli avevano smesso di sanguinare. Continuavano a bruciare, però. Per la testa invece avrebbe avuto bisogno di cure mediche: Franz sarebbe morto di gioia per questo, pensò con un sorriso.
Arrivò in cima alle scale e aprì la porta.
Selene era sveglia, alla fine. E lo era anche Franz. Le loro labbra erano unite, e i due erano stesi sulla lastra di metallo che faceva da tavolino, il corpo di lei inarcato all'indietro e quello di lui a premerlo da sopra. Si bloccarono e si voltarono entrambi a guardare Hurt. Selene abbozzò un sorriso, ma Franz sembrava un cervo paralizzato dai fari di una macchina.
Hurt sentì come un peso scivolargli lungo lo sterno, giù fino al bacino. Non sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare, così si voltò e, per la seconda volta nella serata, si chiuse la porta alla spalle.

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