lunedì 19 maggio 2014

EPISODIO 9


Una questione privata

[di Stefano Mazzoni]




Quando arrivò, il feretro di Rosemarie aveva il coperchio chiuso. I becchini avevano passato la barra di metallo e la fiamma ossidrica per sigillarlo.
Hurt si avvicinò alla madre di Rosemarie e le sfiorò la mano. Era una donna di mezza età, mora, abbastanza bassa; indossava un paio di occhiali da sole per nascondere le lacrime.
"Mi spiace", disse. "Credevo sarebbe stata al sicuro".

Hurt stava tornando a casa. Accanto a lui, le orecchie e la coda bassi, lo seguiva Daniel. Il cane era bendato lì dove King gli aveva strappato il pelo, e il veterinario gli aveva messo un imbuto per impedirgli di mordersi. Neanche lui aveva molta voglia di parlare.
Davanti a loro un bambino fece per attraversare la strada. Un taxi stava arrivando dalla direzione opposta, e se non l'avesse visto in tempo lo avrebbe investito. Hurt camminava troppo concentrato per accorgersene, ma Daniel saltò e afferrò il bambino, stringendogli i denti sopra la maglietta, e cadendo sulle zampe lo tirò indietro.
Il bambino aveva gli occhi arrossati. Probabilmente aveva appena pianto. Rimase lì a guardare il cane in silenzio, come se volesse dirgli qualcosa ma si chiedesse se fosse una cosa sensata da fare. Fortunatamente, dopo alcuni passi, Hurt si accorse che Daniel era rimasto indietro, si voltò e vide il bambino.
"Ehi, piccolo" disse. "Tutto bene?"
Il bambino guardò Hurt e gli tremarono le labbra. Sembrò stesse per scoppiare di nuovo a piangere, invece "Signore" disse, col tono gentile che assumono i bambini quando si rivolgono agli adulti, "mi aiuti. Non riesco più a svegliare mamma e papà".
"Dove abiti?" disse il detective. Corrugò la fronte, indeciso sul da farsi.
Il bambino fece cenno verso un condominio alle sue spalle. "Al terzo piano".
"Vado a vedere. Tu aspetta qui". Mentre lo diceva, Hurt cercò di sorridergli in maniera rassicurante. Il bambino lo fissò senza dire una parola. "Daniel, tu fai la guardia".

Hurt si girò, aprì la porta del condominio e iniziò a salire lo scalone. Arrivato al terzo piano socchiuse gli occhi e si concentrò. All'improvviso sentì un brivido, come un dito gelido che gli corresse giù per la schiena: con aria di certezza si girò verso l'appartamento ed entrò.
La casa era sottosopra. Cassetti aperti, sedie rovesciate, armadi svuotati il cui contenuto era sparso confusamente per le stanze... Hurt esplorò l'appartamento finché non si trovò nella camera da letto. Un uomo era steso ai piedi della porta, a pancia in giù, completamente immobile.
Sul letto giaceva una donna, gli occhi aperti e la bocca congelata in un grido. Aveva capelli lisci, due grandi occhi nocciola e i lineamenti morbidi. Doveva essere stata decisamente attraente, pensò il detective mentre distoglieva lo sguardo. All'altezza della pancia le sue coperte erano lacerate e intrise del sangue che gocciolava dal materasso.
"Diavolo..." mormorò. Si avvicinò a lei con le mani in tasca, raccolse un fazzoletto e se lo ficcò nella giacca. Stando bene attento a non toccare altro, fece il percorso all'indietro e ritornò all'aria aperta.

La T-Bird si fermò davanti al giardino di un'elegante villetta di periferia. Daniel fu il primo a saltare giù, latrando mentre Hurt sollevava il bambino e lo portava verso il portico. Il detective sporse un gomito e riuscì a suonare il campanello.
La porta si aprì e sulla soglia comparve un uomo sulla quarantina, con un cardigan e un collare cattolico sulla camicia. I suoi capelli erano bianchi. Appena vide Hurt gli occhi parvero accenderglisi come due fuochi.
"Jack" lo salutò, con una bella voce profonda. "Cosa sei venuto a fare qui?"
"A cercare aiuto" disse il detective senza sorridergli. Fece segno al di là della porta. "Posso entrare?"
Gli occhi dell'uomo scesero verso il bambino che teneva in braccio, poi incrociarono quelli di Daniel, che sporgeva il muso tra le sue gambe. "Come va?" disse.
"Potete accomodarvi. Tu, il tuo piccolo amico e il famiglio".
Si scostò e li fece entrare. Guidò Hurt in salotto e gli fece segno di poggiare il bambino su un divano, quindi gli si avvicinò e si sporse su di lui, sistemandolo meglio tra i cuscini.
"Questo non è un sonno naturale" disse.
"Sono stato io" ammise Hurt, mordendosi le labbra. "Quando si sveglierà starà un po' meglio. Poi, di nuovo peggio".
Il suo ospite lo studiò, con un'espressione indecifrabile sul viso. "Evidentemente i tuoi poteri sono aumentati. Prima non avresti potuto farlo. Come pensi sia possibile?"
Hurt si strinse nelle spalle. "Alcuni giorni fa ho ucciso un uomo" disse.
L'ospite lo guardò e sembrò stesse per chiedergli altro. Invece: "Ci saranno delle conseguenze" si limitò a dire. "Hai infranto la Legge".
"Fuggirò dalla Legge".
"Forse potresti. Ma nemmeno tu puoi fuggire dalla Sorellanza Bianca".
Hurt non dette segno di aver sentito. "Ti ho portato il piccolo perché te ne prendessi cura" disse. "Finché non avrò sistemato tutta la faccenda".
"Quale faccenda?"
"Quella che qualcuno gli ha ucciso i genitori".
L'uomo aggrottò un sopracciglio. "Avresti dovuto portarlo ai servizi sociali".
"Lo volevo al sicuro" disse il detective. "Casomai le cose si facessero... più complicate".
"Più complicate di così?" L'uomo stette un attimo a riflettere. "Che vuoi fare?" chiese. E, quando capì che Hurt non gli avrebbe risposto, "Stai attento" disse. "Il percorso su cui ti trovi è una strada in discesa. È davvero facile cadere".
"Non c'è solo una Legge, Episcopo. Ne esistono altre, più antiche. Quella della vendetta, ad esempio, e le Vecchie Madri presiedono anche a quelle".
L'Episcopo rimase in silenzio, il respiro calmo, studiando l'espressione del detective. Hurt lo capì e si dette un contegno, mentre le sue guance diventavano rosse. Si guardò attorno, un po' a disagio, come se stesse pensando a qualcosa da dire. Dopo un attimo si strinse nelle spalle e chiese, come per cambiare discorso: "Lei come sta?"
Non ci fu bisogno che l'Episcopo gli domandasse chi.
"Bene. Come sempre. E come sempre non vuole che ti dica dov'è". Lo guardò negli occhi. "Ma le dirò che la saluti" disse, come cercando di addolcire quel divieto.
Hurt lo ringraziò. Non aveva altro da dirgli, così decise di andarsene, e Daniel lo seguì fino alla porta.
"No" disse il detective. "Non ti voglio con me, stavolta. Rimani finché non torno a prenderti".
Daniel lo ascoltò, ma quando fu uscito si accucciò davanti all'uscio mugolando.
L'Episcopo lanciò una rapida occhiata al bambino, assicurandosi che stesse dormendo. Si diresse alla finestra e vide Hurt che ripartiva sulla Thunderbird. Rimase lì per un po', in silenzio, pensando al detective e a quello che era successo alla Città delle Urla finché Daniel non gli toccò la mano col naso umido. L'Episcopo sobbalzò, si passò la mano sul cardigan e lo guardò fisso, ma senza vederlo realmente.
"Ciao, sono Daniel" disse il cane, incurante della sua espressione vacua. "E il cucciolo nell'altra stanza è Billy".

Hurt tornò nel suo ufficio. I sigilli erano ancora lì, ma Hurt li sollevò ed entrò lo stesso. Non aveva altro posto in cui andare.
Si sottopose a un paio d'ore di meditazione. Stava immobile, seduto sui polpacci, la schiena dritta e le mani appoggiate sulle cosce. Quando fu pronto estrasse dalla tasca il fazzoletto che aveva preso alla donna e lo appallottolò. Era passato in cartoleria a prendere una boccetta d'inchiostro: la aprì coi denti e la versò sul fazzoletto. Fece tutto questo in automatico, mentre la sua mente vagava altrove. Alla fine, con uno sforzo di volontà, come un fiume che all'improvviso superi una diga e si riversi nella valle, tornò a pensare.
Il dolore alle gambe lo fece cadere a terra. Il fazzoletto era rotolato sotto la scrivania; non potendo alzarsi, allungò le braccia per raggiungerlo. Lo distese e cercò di appiattirlo poggiandoci sopra tutto il proprio peso. L'inchiostro era asciutto, ed era colato in modo da disegnarci sopra un cumulo di vie, strade, sentieri, edifici e isolati.
Hurt non sorrise quando vide che l'incantesimo aveva funzionato. Aggrappandosi alla scrivania riuscì ad alzarsi, estrasse la pistola e controllò che fosse ancora carica. Quindi, con aria cupa, se la mise nella fondina e uscì zoppicando.

Daniel se ne stava in salotto a fare la guardia al bambino. Per ammazzare il tempo guardava la televisione. L'Episcopo entrò, reggendo un vassoio con due tazze e una scodella, una teiera fumante d'acqua calda, una zuccheriera e tre bustine di tè; ma si fermò sulla porta.
"Che stai guardando?" chiese, corrugando la fronte.
"Dallas" disse il cane. "Ogni tanto ho bisogno di un po' di realismo nella mia vita".
L'Episcopo poggiò il vassoio su un tavolino e mise le buste in una tazza e nella scodella. Daniel si girò e seguì con attenzione i suoi movimenti.
"Credi che farà qualcosa di grave?" chiese, riferendosi ad Hurt. "Qualcosa che possa metterlo nei guai?"
L'Episcopo aveva già afferrato la teiera dell'acqua calda, aiutandosi con un panno, e ora la tenne sospesa a mezz'aria.
"Non è la prima volta che lo vedo così" disse. "Aveva la stessa espressione quando lo presi con me".
L'uomo stava per aggiungere qualcos'altro, ma Billy emise un mugugno e si stropicciò gli occhi. Allora appoggiò la teiera sul vassoio e si inginocchiò accanto a lui. Anche Daniel, scodinzolando, li raggiunse.
Il bambino riuscì a mettersi seduto. L'Episcopo gli porse un bicchiere d'acqua e zucchero. "Bevi", disse. "Ti farà stare meglio".
Billy prese qualche sorso e riconsegnò il bicchiere. Poi, come se solo in quel momento si fosse accorto di dove si trovava, "Chi sei?" chiese.
"Una volta avevo un nome, ma è stato sigillato" disse l'Episcopo. "Temo dovrai accontentarti di come mi chiamano oggigiorno. Io sono l'Episcopo della Chiesa di tutto ciò che non è definito di Eris Discordia".
Il bambino lo guardò,  e dal suo sguardo si capiva che doveva essere molto confuso. "E questo cosa vuol dire?"
"Prova a chiudere gli occhi". Billy strinse le palpebre finché non vide che una confusione di esplosioni porpora. "E ora immaginati uno stormo di uccelli. Un grande stormo..." Il bambino annuì e l'Episcopo gli disse di riaprire gli occhi.
"Quanti erano gli uccelli che hai immaginato?" chiese. "Il numero esatto".
"Non li ho contati..." disse il bambino. Le sue guance avvamparono d'imbarazzo, e, sentendosi in colpa, abbassò lo sguardo.
"Ecco". Il sorriso dell'Episcopo era molto rassicurante. "Lì si estende il mio episcopato".
Billy non era certo di aver capito. Abbassò di nuovo lo sguardo e incontrò il volto amichevole di Daniel, che gli sorrideva al modo dei cani e scodinzolava.
Il torpore dell'ipnosi gli cadde di dosso ed egli ricordò ogni cosa: che si era svegliato tardi, che aveva provato a chiamare la mamma e il papà, persino il burbero signore che lo aveva raccolto per strada e gli aveva detto che sarebbe andato tutto bene.
"Dove sono la mamma e il papà?" chiese. Sentì il magone salirgli per la gola, ma per qualche motivo si disse che non doveva piangere. Solo, voleva i suoi genitori.
Il sorriso dell'Episcopo morì sul suo volto. Prese la mano di Billy in una delle sue e la accarezzò con delicatezza.
"Dobbiamo parlare" disse.

La porta si aprì cigolando.
"Chi è?" chiese l'inquilino dell'appartamento. Era un ragazzo giovane, muscoloso, con capelli lunghi e biondi. Era in cucina, la prima porta sulla destra rispetto all'entrata. Gli tremava la voce.
Nessuno rispose alla sua domanda, ma egli sentì comunque il suono deciso di stivali che avanzavano lungo il corridoio.
"Ho detto chi cazzo è?" ripeté, alzando il tono di voce. Aprì il cassetto delle posate ed estrasse un coltello, poi si acquattò dietro alla porta, concentrandosi sul rumore di passi.
"Ti avviso, hai fatto la stronzata della vita".
I passi si arrestarono appena prima di raggiungere la cucina, ed egli saltò dalla porta trinciando l'aria col coltello, dall'alto in basso, con forza. Forò la mano di Hurt, la destra, che il detective aveva alzato per proteggersi la faccia. Hurt lo colpì col calcio della pistola e lo fece cadere accanto al tavolo. Entrò nella stanza e gli puntò l'arma contro.
"C-chi sei?" chiese il ragazzo.
Hurt non rispose e rimase a guardarlo con la pistola sollevata. Si concentrò e la mano destra divenne intangibile: con un suono metallico il coltello colpì il pavimento.
"Stanotte sei entrato in una casa" disse, in un tono di voce neutro. "Non so cosa sia andato storto, ma ti hanno scoperto. Forse eri troppo fatto per stare zitto. Così li hai uccisi".
"Non è vero. Non so di cosa stai parlando".
"Non provare a mentirmi, Joe" disse Hurt, chiamandolo col suo nome. "Non mentre mi guardi negli occhi".
Il ragazzo deglutì e si guardò attorno, cercando qualcosa che potesse usare come arma. Ma non dovette trovare nulla.
"Cosa vuoi da me?" 
Il detective lo studiò con cupa attenzione. "Pareggiare i conti".

Daniel era riuscito a strapparsi il collare e ora correva libero in giardino, abbaiando e invitando Billy a seguirlo. Il bambino aveva detto di voler andare a giocare, ma ora stava seduto sugli scalini del portico fissando l'erba con aria assente.
L'Episcopo lo teneva d'occhio dalla finestra. Il flusso dei suoi pensieri lo riportò ad Hurt: alzò gli occhi al cielo e si chiese cosa stesse facendo. I sensi gli dicevano che non era ancora capitato niente di irreparabile, ma anche che era solo questione di tempo. Chiuse gli occhi e pregò le Vecchie Madri che vegliassero su di lui.

Hurt stava per premere il grilletto. Avrebbe vendicato la famiglia del bambino e chissà quante altre. Avrebbe impedito che quell'uomo uccidesse ancora.
Joe si gettò in avanti, baciandogli gli stivali, piagnucolando che avesse pietà. Gli giurò che sarebbe cambiato. Gli afferrò i calzoni, ma Hurt alzò il piede e lo colpì di punta, facendolo rotolare all'indietro.
Quest'uomo merita la morte?, si chiese. Non lo meritiamo tutti? 
Vicino al forno a microonde l'aria parve condensarsi. Tre donne si materializzarono e lo guardarono con occhi antichi, privi di approvazione o di condanna. Hurt rispose al loro sguardo, poi sollevò la pistola. Non avrebbe sparato. Le donne lo capirono e svanirono.
Si chinò sopra Joe. Teneva ancora in mano la pistola, ma solo perché non voleva che quello tentasse di scappare.
"Guardami" disse.
Joe mugugnò qualcosa, ma rimase con la testa tra le mani.
"Ho detto... guardami!" ruggì il detective, e Joe sussultò, non potendo fare a meno di alzare lo sguardo.
"Tra poco me ne andrò e tu non ricorderai più nulla di quanto è successo" disse. "Ma ti alzerai e andrai subito al commissariato a costituirti. Firmerai la tua confessione senza fiatare e in tribunale insisterai per avere il massimo della pena concessa. Nessun patteggio, nessun trucco del tuo difensore. E finché non avrai scontato la pena soffrirai di terribili incubi. Ogni notte ti verranno a far visita i volti delle persone a cui hai fatto del male. Ti sveglierai impaurito e più stanco di prima, e pregherai che tutto ciò finisca presto.
"Per finire, d'ora in avanti ogni volta che l'idea di infrangere la legge ti passerà per quella testa del cazzo, non importa dove sarai, ti cagherai nei pantaloni, violentemente. Sono stato abbastanza chiaro?"
Joe aveva gli occhi spalancati e un sottile rivolo di bava gli usciva dalla bocca. Mimò un "Sì" con le labbra e si chiuse di nuovo nel mutismo.
Hurt annuì e, senza più degnarlo di uno sguardo, uscì dall'appartamento. Appena fu in strada prese una sigaretta, l'ultima del pacchetto, e rimase a fissarla come non sapesse cosa farne. All'improvviso la strinse nel pugno, si piegò e vomitò in silenzio.

La Thunderbird era di nuovo parcheggiata davanti al giardino.
"Come sta il ragazzo?" chiese Hurt, mentre con la destra si appoggiava a una colonna del portico.
"Come saresti stato tu se alla sua età ti avessero ucciso la famiglia" disse l'Episcopo.
Hurt abbassò lo sguardo e non disse nulla.
"Sta guardando la televisione con Daniel. È un bambino silenzioso".
"Grazie per averli ospitati" disse il detective. "Ora ci penso io". Fece per entrare, ma l'Episcopo gli mise una mano sul petto.
"Non fa nulla, Jack. Lo porto io ai servizi sociali".
"Sei gentile".
L'Episcopo sorrise. "Voglio chiedere l'affidamento. O l'adozione, insomma, quello che è. Devo fare qualche magia, se capisci".
"Perché?" 
"Sono stato solo troppo a lungo. E sicuramente a Billy non gioverebbe un orfanotrofio, in questo momento".
"Vuoi addestrarlo?"
L'Episcopo scosse la testa. "Sono fuori dal giro, lo sai. Niente più magia".
Il detective sorrise. "Non se ne è mai fuori, vecchio. Ci sono solo pause più lunghe tra una ripresa e l'altra". Si rese conto che era dalla morte di Rosemarie che non si sentiva così in pace: gli pareva che un grosso peso gli si fosse come tolto di dosso. Annuì, e un'espressione serena gli distese il volto. "Sono successe cose anche più strane" disse all'Episcopo, come se stesse pronunciando una battuta che solo loro due potevano apprezzare.
Allora l'Episcopo rise e gli porse la mano.
"Quando Daniel ha finito digli che può tornare a casa" disse Hurt stringendogliela. "A meno che Billy non desideri ancora la sua compagnia".
"Lo farò".
Hurt annuì di nuovo, si girò e scese i pochi gradini del portico... quando all'improvviso lo raggiunse la voce dell'Episcopo, e fu costretto a girarsi.
"Sono contento che tu abbia fatto la scelta giusta" disse.
Il detective abbozzò un sorriso, sollevò la mano a mo' di saluto e si allontanò sul vialetto.

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