lunedì 31 marzo 2014

EPISODIO 2


Il ventitreesimo arcano

[di Stefano Mazzoni]




Il signor Woodstock estrasse il suo orologio. Con il pollice fece scattare il coperchio e fissò per alcuni istanti le lancette che, inesorabili, avanzavano; quindi lo ripose in una delle sue molte tasche.
"Allora, signor Hurt?" chiese.
"Lei è sicuro della sua informazione?"
In piedi, con le mani dietro la schiena, Hurt guardava fuori dall'ufficio. Sul vetro della finestra era impresso il logo della Instant Karma Investigazioni, e il detective dovette fissare tra le lettere per vedere la strada. “Gli arcani maggiori sono ventidue. È sicuro ci sia un’ultima carta nel mazzo?”
"Il mio cliente ne è sicuro".
Hurt si girò sorridendo e si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Allora accetto il caso. Le troverò il ventitreesimo arcano" disse.
"Mi spiace lei abbia frainteso le mie parole, signor Hurt" disse il signor Woodstock. "Non si tratta di trovarlo. Noi infatti sappiamo perfettamente dove si trova. Abbiamo solo bisogno di un intermediario per acquisirlo".
Hurt lo guardò fissamente. "Un intermediario umano, intende?" chiese. "Chi è il suo cliente, signor Woodstock?"
Woodstock sorrise enigmatico e si portò una mano al panciotto.
"Lei ha carta bianca. Contratti pure sul prezzo, se vuole; ma siamo disposti a concedergli tutto quello che chiede. Naturalmente la sua parcella sarà versata appena avremo il tarocco". Woodstock si chinò sulla scrivania e fece un occhiolino ad Hurt. "Inoltre, signor Hurt, prima questa faccenda verrà conclusa più alto sarà il bonus di fine lavoro".
Il detective annuì. "Allora abbiamo un accordo, signor Woodstock".

Hurt girò sul vialetto d'ingresso della villa del venditore e si fermò davanti al cancello automatico. Si sporse come ad un casello e pigiò il bottone dell'interfono.
"Chi è?" chiese una voce metallica.
"Hurt, della Instant Karma Investigazioni. Abbiamo parlato al telefono".
"Un attimo".
Il cancello fece bip e iniziò a gracidare sui cardini. Hurt entrò nella villa a passo d'uomo, si immise in una piazzola e lì abbandonò la macchina, poi recuperò dal sedile una valigetta diplomatica e si diresse verso l'ingresso.
Lo attendeva un maggiordomo che lo fece accomodare. Gli prese la giacca e lo invitò a seguirlo al primo piano.
Superate una serie di stanze sprangate, finalmente Hurt si trovò nello studio del suo ospite. Si chiamava Miles Joseph Spare, baronetto per volontà della regina, ed era l'ultimo rampollo degli Spare. Curioso trovarlo nel Maine. Gli andò incontro e gli strinse la mano.
"Ma che piacere, signor Hurt! Ma che piacere!" disse. Hurt soppesò la valigetta diplomatica e non ebbe dubbi al riguardo. "Posso offrirle qualcosa? Uno scotch?"
"Lo berrei volentieri, grazie". All'improvviso si rese conto che erano le undici di mattina. "Con ghiaccio, per favore" aggiunse, come per un ripensamento. Miles si girò verso il mobiletto per preparare i bicchieri.
"Le spiace se fumo?" chiese, e Miles fece segno di no con la testa. Prese una sigaretta e un accendino che era sul tavolo. "Sa, di solito io uso solo fiammiferi" aggiunse, sorridendogli.
Miles si avvicinò offrendogli lo scotch. Hurt lo sorseggiò. Digrignò i denti e lo appoggiò sul tavolo, trattenendo un colpo di tosse.
"Ora, se potessimo sbrigarci..." disse.
"Oh, ma certo" rispose Miles, e indicò un portagioie sulla scrivania. Hurt lo guardò un attimo e guardò di nuovo Miles, poi lo aprì.
"Sembra della serie di Marsiglia" disse.
"Potrebbe essere. Non mi sono mai interessato di queste cose. In effetti, ho sempre considerato la carta poco più di uno scherzo".
Hurt studiò l'immagine e capì a cosa Miles si stesse riferendo. Tuttavia rimase soddisfatto e ripose la carta nel portagioie.
"Mio padre la chiamava Il Viandante" disse Miles, soprappensiero. "Lei ha portato i soldi?"
Hurt annuì. Pose la valigetta sopra la scrivania; poi prese una chiave dalla tasca e la aprì. Il contenuto brillò sui loro visi.
"Trecentomila dollari in oro" disse.
"Come fanno a starci tutti?"
"È più spaziosa di quanto non sembri".
Miles afferrò una sedia e la trascinò vicino alla scrivania, quindi si mise a controllare il contenuto della valigetta.
"Mi chiedo cosa se ne farà il suo cliente di quella carta".
Hurt fece per rispondere, ma una voce sconosciuta lo anticipò.
"Serve a completare il mazzo, certo. E avere una visione matematica del futuro".
Miles scattò in piedi, e sia lui che Hurt si girarono verso la porta. Un ragazzo, neppure trentenne, con i capelli biondi tagliati corti e un ampio impermeabile, attendeva sulla soglia. Con una mano reggeva una borsa frigorifera e nell'altra una valigetta medica.
"Naturalmente le predizioni coi tarocchi sono sempre state imprecise" disse, "perché... be', perché ne mancava uno".
Fece qualche passo e li salutò con un cenno del capo, quindi poggiò a terra, con attenzione, le due borse.
"Chi l'ha fatta entrare?" chiese Miles. Evidentemente era sorpreso. Hurt, cautamente, si tastò la protuberanza sotto la giacca, la  pistola.
Il giovane piegò il collo in avanti e imitò il suo tono di voce. "E a te chi t'ha fatto uscire?" disse.
Miles arrossì. "Chi è lei?" chiese, alzando il tono di voce.
"Oh, scusatemi. Sono uno sbadato. Mi chiamo Ethan King, e sono un dottore. Dottore in medicina". 
"E perché si trova qui, dottor King?" chiese Miles, socchiudendo gli occhi.
"Per trattare. Desidero avere Il Viandante".
Hurt guardò sorpreso King, poi Miles. "Quanto ha intenzione di offrire, dottore?" chiese lui.
King si strinse nelle spalle e piegò le labbra, assumendo un'espressione mortificata. "Purtroppo, signori, le mie risorse non sono pari alle mie ambizioni".
"Allora la trattazione è conclusa" disse Hurt. "Sir Miles ha già accettato di vendere la carta al mio cliente. Se questo è tutto..."
"Temo che le cose non saranno più tanto semplici" disse King. "Signor Hurt".
Hurt aggrottò le sopracciglia. "Mi conosce?"
"Di fama. Lei è Jack Hurt, a volte detto il Fante di Cuori... Be', in passato era così. Di questi tempi fa l'investigatore. È dotato di alcuni poteri, come ad esempio una blanda capacità telepatica... No, non ci provi nemmeno, tanto su di me non funzionerebbe".
Hurt tentò di sorridere, ma era visibilmente sorpreso. "Mi spiace invece di non conoscere lei". Si guardò attorno. "Ma cosa intendeva quando ha detto che le cose non sarebbero state semplici?"
"Ora che la stirpe degli Spare è estinta, la questione sulla proprietà della carta si è improvvisamente riaperta".
Miles lo guardò senza capire. Hurt realizzò all'improvviso e alzò una mano, ma non fece in tempo a fermarlo; King estrasse una pistola e sparò in mezzo al petto di Miles. Subito si voltò, a braccio teso, tenendo sotto mira Hurt.
"Mi dia la Smith&Wesson, signor Hurt" disse King in tono gentile. "Senza scherzi".
Hurt valutò le opzioni che gli rimanevano; poi, lentamente, si infilò una mano in tasca ed estrasse la pistola, tenendola per la canna. A un cenno di King la fece cadere per terra e la calciò verso di lui. King si piegò, senza distogliere lo sguardo dal detective, e a tentoni riuscì a trovarla. Quindi si avvicinò a una finestra, la aprì con una gomitata e la gettò in giardino. "E dovrebbe anche smettere di fumare" disse. "Il fumo la ucciderà. Si fidi di me che sono un dottore".
"Non ha intenzione di spararmi?" chiese l'investigatore.
"Non credo ce ne sarà bisogno". King si avvicinò al portagioie, ma stette bene attento a tenere la scrivania tra sé e il detective.
"Ora ci troviamo in una situazione problematica. Chi terrà la carta?" chiese Hurt.
"Oh, questo lasciamolo decidere a Sir Spare" disse King con noncuranza.
Hurt alzò un sopracciglio, e indicò il corpo steso di Miles. "Mi sembra un po' tardi per pensarci".
King fece l'occhiolino ad Hurt e si piegò sul cadavere. Gli aprì la bocca e si infilò una mano in tasca; ne estrasse un sassolino viola di forma romboidale e lo mise sotto la sua lingua. Ci fu un risucchio, e il corpo di Miles si divincolò come in preda a un attacco di convulsioni. King si alzò e si allontanò di qualche passo, studiando affascinato il processo.
"Non vi avevo mai assistito dal vivo" disse, lanciando un'occhiata in tralice ad Hurt.
Dopo qualche istante Miles poggiò le braccia a terra e si sollevò a sedere.
"Cosa è successo?" chiese, incespicando sulle parole come se facesse fatica a muovere la lingua.
Miles guardò Hurt per primo, ma fu King a rispondergli. "Le ho sparato dritto nel mediastino medio, trapassandole il cuore".
"Sì, mi pare di ricordarlo" disse Miles, come in un sogno. "Ma allora perché... perché sono vivo?"
"Non direi vivo". King accompagnò questa parola con un gesto di virgolette disegnate per aria. "Le è stata concessa una proroga, piuttosto".
"Non è saggio svegliare i morti. Soprattutto quelli che si è uccisi personalmente" disse Hurt. King lo guardò acido e "Per stavolta correrò il rischio" rispose.
"Devo... devo subito andare in ospedale" mormorò Miles. La sua camicia era zuppa di sangue e l'emorragia, che sembrava essersi arrestata, adesso era più abbondante di prima.
"Non ci arriverebbe in tempo" disse King. "Ma per fortuna ho qualcosa che le tornerà utile".
Il dottore si piegò sulla sacca frigorifera e aprì la zip. Rovistò all'interno: con una mano estrasse tre sacche di plasma e con l'altra un cuore umano contenuto in un sacchetto di plastica.
"Sono un medico, come stavo dicendo... un medico chirurgo". Sorrise cordialmente, mostrando denti e gengive, ma il suo sguardo rimase impassibile. "Ho un baratto da proporle: io le sostituisco il cuore e lei mi dà la sua carta".
"Sta cercando di ingannarla" disse Hurt. "Dove la opererà? E con chi? E quanto tempo ci vorrà? No, quello che propone non si può fare in una tenuta di campagna".
King lo guardò corrucciato, con espressione offesa, e si portò una mano al petto. "Signore, io sono un professionista. Ho messo a punto i più sofisticati metodi per operare, affinando la scienza medica con la magia".
"La necromanzia" disse Hurt.
"E se dico" continuò King, ignorando l'interruzione. "Che quest'uomo potrà rimettersi completamente, a parte certi danni ai lobi temporali dovuti all'iniziale ipossia, non crede che io stia dicendo il vero?"
"Basta così" si intromise Miles. Aveva gli occhi iniettati di sangue e faceva fatica a respirare. "Dio sa quanto mi costi fare patti con il dottore... e se mi costi ancor di più mandare all'aria un affare già concluso. Ma temo di non avere scelta". Si girò verso Hurt. "Ne ho, signor Hurt?"
Il detective distolse lo sguardo, concentrandosi sul suo bicchiere di scotch. "No" disse. "L'ametista che ha in bocca serve da magnete per... la sua anima. Ma un pezzo così piccolo si consumerà in pochi attimi se non viene sostituito".
"Cosa che ho intenzione di fare, se accetterà la mia proposta" disse King, e scosse leggermente l'impermeabile. Dalla sua tasca venne un suono come di sassolini che si scontravano.
"Come dicevo, non credo di avere scelta" disse Miles. "Bene, dottor King. Sono tutto suo".

Dopo alcune ore King, con le maniche arrotolate e i vestiti sporchi di sangue, uscì dalla stanza in cui aveva operato Miles.
"Sta riposando" spiegò ad Hurt. Il detective era rimasto a controllare che il dottore mantenesse il patto.
"Spero sappia che, se Miles non dovesse sopravvivere, l'accordo verrà considerato nullo e lei non potrà usare la carta".
"Lei è intelligente, signor Hurt. Ma lo sono anche io. Vedrà che Sir Miles si sveglierà e starà meglio di prima. Anche se il mio consiglio medico è di sottoporlo a un check-up nei prossimi giorni".
Hurt seguì King nello studio; il dottore prese il portagioie e, senza controllarne il contenuto, se lo infilò in tasca.
"Mi spiace per il suo cliente" disse.
Hurt gli sorrise. Estrasse la Smith&Wesson dalla fondina e la puntò dritta contro di lui. "Ho avuto il tempo di recuperarla, non le pare?"
King lo guardò per un attimo. "Non sia sciocco!" disse. "La carta è mia, frutto di una regolare transazione. Se mi uccide non potrà comunque averla. E lei non è certo tipo da sparare a sangue freddo".
"Potrei portarla alla polizia, però" osservò Hurt.
"Qui non c'è nessun cadavere. E mi creda se le dico che le cicatrici su Spare saranno presto invisibili".
Hurt girò le pupille e valutò attentamente la situazione, quindi abbassò l'arma.
"Ho vinto io, signor Hurt... ma dalla mia avevo l'elemento sorpresa".
King gli passò accanto. In una mano teneva la borsa da medico e con l'altra gli batté sulla spalla. "La prossima volta potrebbe andare diversamente".
"Contaci" disse Hurt. Aspettò di sentire la macchina di King ripartire, poi chiamò un'ambulanza per Miles e se ne andò prima che arrivasse.
Naturalmente il cliente del signor Woodstock si rifiutò di pagare la parcella. Tuttavia egli non parve contrariato; quando Hurt gli spiegò la situazione sorrise e "Bene", disse. "Non avrei potuto affidare la carta in mani migliori". Quindi dette una rapida occhiata al suo orologio, girò sui tacchi e uscì teatralmente dalla porta, ignorando del tutto le obiezioni del detective.

...

Il dottor King era arrivato a casa dopo una lunga giornata in ospedale; e ora, seduto su una vecchia poltrona di vimini, si stava rilassando in salotto.
Il camino era acceso, e lui teneva il portagioie sulle ginocchia. Lo aprì, lentamente, ed estrasse la carta. La studiò alla luce del fuoco. Una figura umanoide, grigia, con il cranio troppo ampio, grossi occhi acquosi privi di pupilla e lunghe dita con un numero eccessivo di falangi sembrava guardarlo di rimando. L'arcano maggiore numero ventitré, il Viandante.
Studiò la carta per un attimo, completamente assorto nella sua figura; poi sorrise e, con un unico movimento della mano, la gettò nel camino. La carta resistette un attimo prima di annerirsi, accartocciarsi sfrigolando e svanire in un mucchio di cenere.
"Ora siamo liberi" disse.

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