[editoriale
a cura di tutti]
Qualche anno fa la Fox trasmise Dollhouse,
l'ultima fatica di Joss Whedon, già autore di Buffy l'Ammazzavampiri, di Angel,
del compianto Firefly (col suo sequel Serenity) e, tra gli altri, dell'indimenticabile Doctor Horrible's Sing Along Blog.
La serie fu un insuccesso. E non dico "insuccesso" come potrei
dirlo per Firefly, chiusa
prematuramente dopo un quattordici episodi ma che tuttora è fonte di culto tra
i fan (me compreso). Parlo di un vero e proprio insuccesso da manuale. Tipo Joan of Arcadia.
Joss Whedon ci mise il soggetto, in quella serie. E i soldi. E la
sceneggiatura del pilot, poi messo fuori continuity, e del primo episodio
ufficiale. Infine lasciò tutto nelle mani di suo fratello Jed e della moglie di
lui, Maurissa Tancharoen (lo stesso procedimento usato per il quasi del tutto
deludente Marvel's Agents of S.H.I.E.L.D.,
insomma). La serie è buona, sì, anche grazie alla brillante interpretazione
di Eliza Dushku, l'ex Faith di Buffy,
e di tutto il cast di supporto - e a un clima complottista che è la morte
nostra. Tuttavia il risultato finale rimane di molto inferiore allo
"standard Whedon" (secondo l'M.I.T., il limite minimo per indicare la
genialità di una serie).
Arrivati alla fine della prima stagione, quindi,
nessuno sapeva con certezza se la FOX avrebbe rinnovato il contratto. Così Joss tornò alla
carica, coadiuvato dalle sue due spalle, e insieme realizzarono l'episodio Epitaph One, uno speciale dedicato ai
fan con protagonista l'incantevole Felicia Day, che sposta l'attenzione in un
futuro distopico in cui le premesse della Dollhouse hanno raggiunto tutte le loro conseguenze.
Tutto questo per dirvi: 1) Io AMO Joss Whedon, ma i più attenti tra
voi lo avranno forse già capito; 2) Alla
fine del giorno, l'ultimo episodio di Jack Hurt, segue la stessa logica di Epitaph One. Non fraintendetemi: il
racconto in sé fu scritto prima che io mi mettessi a guardare, in credo due
settimane di "studio pre-esame", tutta la serie Dollhouse; e non fu neanche una mia proposta - bensì di Riccardo
Calandra - quella di mettere a fine stagione proprio questo racconto. Eppure,
una volta invertito Fine dei giochi
con Alla fine del giorno, ho capito
che l'effetto sarebbe stato lo stesso di Epitaph
One, e ne sono rimasto soddisfatto.
È inutile girarci attorno: Jack Hurt è finito. Ha accompagnato me e i
miei collaboratori per più di un anno, e adesso non c'è più. Dobbiamo comunque
ammettere che siamo fieri di come è riuscito. Certo, ha avuto i suoi bassi come
i suoi alti, ma nella sua interezza la serie ci soddisfa. Approfitto quindi dell'occasione
per ringraziare Marco e Riccardo, che ormai nessuno di noi può più scrivere
nulla senza l'aiuto degli altri, ma anche Frankie e Sara per il loro straordinario
contributo, e Silvia e Irene, le nostre fotografe, e Svartsno con uno strano
segno grafico sulla o, la nostra disegnatrice; e, ancora, tutte le pagine che
ci hanno supportato, e tutti i lettori che ci hanno seguito. Forse non sono
stati molti, ma sono senza dubbio stati entusiasti.
Cosa sto dicendo, ragazzi? Che Jack Hurt è finito qui, che non avrà più
un seguito? Non esattamente. A settembre, di ritorno dalle vacanze, freschi e
riposati come studenti universitari alla vigilia della laurea ma ancora senza
una tesi, vi offriremo uno speciale a puntate, Le Terre dell'Autunno. Tratterà del delicato rapporto di Jack con
il mondo delle fate, e trarrà ispirazione da Neil Gaiman, da Mike Mignola e
anche, per i personaggi, dal vecchio Bill Shakespeare. Spero che vi piaccia,
quindi continuate a seguirci!
...
Sì, e poi? Ci sarà o non ci sarà una seconda stagione? Noialtri si spera di sì: questo comunque non sta a
noi deciderlo. Il progetto per la seconda stagione c'è, è lì che mi
guarda coi suoi occhioni da Negadonte bagnato, ma senza un'adeguata risposta di
pubblico non sarà realizzato. Al massimo qualche speciale, quando ci
sale la nostalgia.
Quindi scrivete, Veri Credenti, scrivete e scriveteci se volete
leggere ancora di Jack Hurt e del suo mondo. Perché noi del team abbiamo ancora un paio di cose da dire sul nostro detective, e non vediamo l'ora di
farlo!
[Stefano]
PS: Sì, c'è speranza per un ritorno di Jack, perché la speranza non
muore mai. Di Dollhouse hanno
prodotto una seconda stagione, e di Firefly
hanno addirittura fatto un film... And we're still flying.
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È passato un anno e mezzo da quando ho iniziato a lavorare al progetto Jack
Hurt. Ho già svelato i segreti dietro gli episodi, e Stefano ha già detto gran
parte di quello che rimaneva ancora da dire (anche di più forse: c’è davvero
qualcuno che legge i suoi pipponi su Joss Whedon? °__° ). Quindi quello che
voglio scrivere io, oggi, in questo editoriale conclusivo è: cosa mi ha
effettivamente insegnato questo progetto?
In primo luogo mi ha insegnato una cosetta che si chiama versatilità. Mai sentita nominare prima.
Insomma, con la maggior parte delle storie non ero esattamente nel mio
ambiente, e giocoforza ho dovuto trovare un modo per farle mie. Sospetto che
sia il segreto per scrivere qualunque cosa... o per fare qualunque cosa, nella
vita.
In secondo luogo ho scoperto che lavorare in gruppo è una figata. Gli
altri spesso si oppongono alle tue sensatissime decisioni e non accettano il
tuo indiscutibile genio, ma ciò che si
crea dalla condivisione dei nostri mondi interni è a suo modo speciale e
soprattutto molto stimolante. Davvero. Spero di lavorare ancora insieme a questi
gentleman!
L’ultima, e forse più importante cosa che ho imparato, è che il
processo creativo in sé è molto più appagante del momento in cui si mostra a
terzi il proprio lavoro. Che è pur sempre una molla fondamentale per la
scrittura, e quello della lettura dei feedback è un momento bellissimo. Ma alla
domanda “Perché scrivi?” ho potuto finalmente depennare un buon numero di
risposte, e quelle che restano riguardano tutte me. E questo, senza Jack, forse
non l’avrei mai capito.
Che poi, intendiamoci, scrivere è l’unico modo con cui posso evocare
demoni, far parlare cani da pastore e fare viaggi interdimensionali.
Per ora.
[Marco]
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Ebbene, Jack Hurt è finito. Bisogna accettarlo.
Molto è già stato detto su Jack e su di noi, sul significato che Jack
ha assunto in corso d'opera e su chi o cosa lo ha ispirato, se Joss Whedon o il
demonio in persona (sempre che i due siano entità distinguibili).
È il momento di trarre un bilancio delle nostre fatiche, e di vedere cosa rimane.
È il momento di trarre un bilancio delle nostre fatiche, e di vedere cosa rimane.
Per prima cosa un mondo: descritto solo nei particolari, carico di
zone d'ombra, ma tutto sommato un mondo che per i nostri lettori sarà diventato
familiare, riconoscibile, quasi rassicurante.
E all'interno di questo mondo rimane Jack.
Trovo che questa sia la parte più bella del lavoro che abbiamo
compiuto (come anche di ogni altro lavoro di narrativa): Jack ormai esiste, con
la sua storia, le sue qualità, il suo modo di pensare, e qualcuno, vagando nel mare magnum di internet, ci si può
imbattere, può entrare in contatto con questo mondo e magari uscirne un po'
arricchito. Di spirito, non di portafogli, che neanche noi abbiamo mai visto il
becco di un quattrino, nonostante il nostro Beneamato Coordinatore (TM) ci
avesse ammaliato con vivide immagini di fama e ricchezza e ragazze. Soprattutto
fama, perché non voleva sembrare troppo inverosimile.
Questo è il piccolo dono che abbiamo fatto alla comunità. E parlo di
dono ben sapendo che Stefano, quando si parla di cose gratis, rischia sempre
di avere una sincope.
Eppure io in primis ho tratto guadagno da questa esperienza. Il
progetto JH è arrivato in un momento in cui lo scrivere per me era diventato
un fatto quasi secondario, e sospetto che senza questo lavoro da fare, alla
lunga, avrei smesso del tutto. Oltre ad avermi tirato fuori dal baratro della
pigrizia, quindi, Jack mi ha insegnato che scrivere ha anche una parte “dura”,
che somiglia più ad un lavoro vero che a un divertimento. Checché ne pensi la
gente. Il trucco in effetti è rileggere infinite volte quello che si è fatto,
farsi venire attivamente qualche idea in tempi ragionevoli, e portare
l'autocritica a nuovi livelli di masochismo[1].
Dunque quello che io porto via dal mondo di Jack è questo: una
consapevolezza che, nonostante scrivere sia anche una fatica, se il risultato è
generare mondi che abbiano la potenzialità di una vita eterna, comunque ne
vale la pena.
Nel salutarvi, quindi, un'ultima considerazione: se Jack vi è
piaciuto, se vi ha lasciato qualcosa, fatecelo sapere.
Perché qui un sequel lo vogliamo tutti.
[Riccardo]
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