Jack O’Lantern
[di Marco Redaelli]
"Sia fatta la luce" disse Hurt.
Il circolo di candele attorno al divano si accese e illuminò la
stanza di un bagliore spettrale. Hurt approvò con un grugnito, poi disseminò nella stanza frammenti di ametista: una manciata sotto il cuscino, una sul tappeto, una pietra sull’ombra
proiettata da ogni candela. Come briciole di Pollicino per ritrovare la strada.
Andò ad aprire il baule nascosto nel doppiofondo dell'armadio, disinnescò
le rune di protezione, fece la giusta sequenza di scongiuri e simboli per aria
e lo aprì usando una chiave d’avorio, una di bronzo e una d'ottone. Era lì che
custodiva gli oggetti più pericolosi... una borraccia ipotermica dentro la
quale era sigillata una maledizione, una fiala contenente il sangue e un
frammento di zanna dell’ultimo drago, e molti altre cose di cui sarebbe meglio
non parlare. E in cima a tutti quei tesori troneggiava
l’anima di Cheryl.
Legò la piccola sfera di cristallo al suo polso con una corda fatta
coi capelli di un Serafino, poi respirò profondamente. Tutto era pronto. Si
sdraiò sul divano e si preparò ad abbandonare quel mondo fatto di carne e
materia per entrare in un altro, più spirituale.
Hurt non era un novellino dei viaggi astrali, ma quella volta avrebbe
sperimentato qualcosa di diverso. Sembrava infatti non esserci modo di liberare
la bambina dalla sfera e farle raggiungere da sola l’Aldilà. Avrebbe dovuto
accompagnarla, avviarla nella giusta direzione, recidere il filo che li legava
e poi tornare indietro.
Ma aveva fatto cose anche più strane.
Chiuse gli occhi. Un tempo era solito usare la tecnica dell’Onda
Azzurra, ma da quando era diventata la preferita dei circoli New Age si era
costretto a passare ad altro. Ripeté una frase apparentemente priva di senso in
un mormorio sommesso, prima in modo corretto poi al contrario, concentrandosi
solo sulle parole e abbandonando gradualmente ogni contatto con i propri sensi.
Più ripeteva la frase più il suo mondo perdeva consistenza: si scordava di
essere un corpo di carne e sangue e cominciava a confondersi con il resto. Il
suo cuore iniziò a battere più forte e il detective si sentì pervadere da un
familiare tremito, mentre ogni cellula del suo corpo lottava per tenerlo ancorato
alla materia. Un turbinio di euforia lo avvolse, dando un ultimo strattone al
suo spirito e catapultandolo verso un'altra esistenza.
L’anima di Cheryl brillava come una lanterna nell’oscurità del Mare
Astrale. Nella sua forma fantasmatica non appariva più come la donna mostruosa
che la mente del Violinista aveva creato, ma come la bambina biancovestita che
era stata prima di essere catturata. Lo salutò con un sorriso e uno sfarfallio delle
dita.
Il corpo astrale di Hurt era visibile solo parzialmente, e solo grazie
al cordone luminoso che lo legava alla bambina, ombelico a ombelico. Era una
sagoma in parte umana, percorsa da comete azzurre e con un moncherino al posto
della mano destra.
In lontananza apparvero altre luci. Alcune immobili, forse stelle o
galassie; altre svolazzanti e in continuo movimento, fuochi fatui, spiriti di altri
viaggiatori o chissà che altro. Galleggiavano in un immenso oceano in balia
della corrente. Se avessero nuotato troppo vicini alla superficie, Hurt avrebbe
rischiato di tornare nel mondo terreno; se invece si fossero avventurati troppo
in profondità… C’erano cose, là sotto, predatori antichi, che neppure il
detective aveva mai affrontato. Ma era lì che dovevano andare.
Hurt si concesse un attimo per assaporare la sensazione di galleggiare
libero dal proprio corpo. Rivolse un sorriso rassicurante all’anima che aveva
giurato di salvare e si lasciò precipitare nell’abisso.
Alternò momenti di caduta a lampi di maggior cautela in cui cercava di
muoversi in silenzio e passare inosservato alle presenze che infestavano quel
regno. I Moscibecchi che si muovevano in branchi e avevano rostri come ibis se lo
avessero percepito gli avrebbero succhiato ogni forza vitale; quanto alle
Larve, a loro era meglio non pensarci nemmeno o avrebbe rischiato di attirarle.
Molti anni prima l'Episcopo gli aveva rivelato che non esisteva un
singolo Aldilà, che ogni persona si creava il proprio e che questa idea
proiettava un’ombra nel Mare Astrale; se si fosse rivelata abbastanza forte da
diffondersi, si sarebbe ingrandita e avrebbe accolto nuove anime. Era per questo
che il Paradiso poteva contare miliardi di spiriti e nel Piccolo Cuore di Unia
viveva solo un'anima solitaria.
Quanto a Cheryl, lei era un caso particolare. Non aveva avuto la
possibilità di scegliere e il peso di quella responsabilità ora ricadeva sulle spalle di Hurt. Si era preso molto tempo per ponderare quella decisione;
dapprima si era chiesto dove gli sarebbe piaciuto finire dopo la sua morte, un luogo dai colori tenui
dove le cicale non smettessero mai di cantare, con un tramonto perenne e il
rumore del mare in lontananza. Ma sapeva che quelle speculazioni erano inutili,
perché l’Aldilà che meritava era un altro.
Si era allora messo a sfogliare dei libri nella speranza di trovare
qualcosa che facesse al caso suo. Aveva scartato i regni degli antichi dèi
perché non erano posti adatti a un bambino; e anche il Paradiso, perché c’era
qualcosa nel ferreo rispetto delle regole di un Dio remoto che lo inquietava
più di tutti i demoni dell’Inferno.
Si era così imbattuto nella descrizione dell’oltretomba di una piccola
tribù di indiani d’America. Parlavano di un regno fra le stelle, alla fine
della Via Lattea, dove la malattia e la sofferenza erano bandite. Lì latte e miele scorrevano a fiumi, e vi erano alberi con nuvole al
posto delle foglie che davano i più dolci tra i frutti; e uomini e animali
giocavano insieme in praterie sterminate in cui i malvagi non potevano entrare.
Sembrava un buon posto per riposare alla fine di un lungo viaggio. Hurt lo
aveva scelto per Cheryl.
Non era difficile orientarsi nel Mare Astrale. La volontà modificava
il percorso, e il desiderio la meta. La sua mano inesistente pizzicava ogni
volta che si rivolgeva nella giusta direzione.
Il viaggio negli strati inferiori occupò più tempo del previsto. La
luce era ancora scarsa laggiù: nessun viaggiatore astrale si avventurava più a
quelle profondità, e nuotare lì sotto era come avanzare nella melassa.
All’improvviso percepì un movimento alla sua destra, poi un rombo,
come il suono lontano di mille cascate. Qualcosa gli passò accanto: era
immensa, grossa come mondi interi, la pelle di un lucido colore nero. Riuscì solo
a scorgere l’immagine fuggente di una zanna e quella di un immenso occhio
scarlatto. Era una Larva.
Hurt rimase immobile, sperando che passasse oltre: c’erano mostri che
nemmeno lui poteva combattere. Al contrario Cheryl non sembrò impaurita: gli si
avvicinò con un sorriso radioso e gli strinse la mano fin quando la Larva non si
fu allontanata. Il suo tocco era come il petalo di un fiore, e rinforzò la
determinazione di Hurt. Ma il detective non fece a tempo a riaversi che una
corrente improvvisa lo avvolse, costringendolo a voltarsi. Davanti a lui,
seduto su un trono ornato di teschi, Baphomet lo guardava con atteggiamento malevolo.
“Allora eri davvero tu, Jack” disse. "Ho sentito il tuo puzzo
appena hai messo piede nel Mare".
“Non è ancora il momento” disse il detective, la voce che tremava al
pensiero del patto che aveva stretto. Si sentiva indifeso e impotente, con lo
spirito nudo esposto agli occhi del demone.
“No che non lo è. Infatti non sono qui per te”. Indicò
Cheryl con un artiglio curvo, accavallando le gambe. "Ma cos'abbiamo qui?
Un'anima morta, che puzza già di vecchiaia".
Hurt si frappose tra lui e la bambina, pronto a difenderla nel caso ce
ne fosse stato bisogno. “La sto portando nel luogo a cui appartiene. Non è
affar tuo comunque”.
Il demone scoppiò a ridere, inclinando il capo all’indietro.
“Bugiardo. Finché non raggiunge l’Aldilà non appartiene a nessuno”.
"Può essere" disse il detective. "Ma è la più pura delle anime. Non puoi toccarla
senza bruciare”.
Il demone si toccò il naso di capra con un dito adunco. “Motivo per cui
mi aspetto che sia tu a consegnarmela”.
Hurt si sentì gelare fin nelle ossa. Ricapitolò tra sé le armi che aveva
a disposizione. Il conto gli venne facile: nessuna. Poteva contare solo sulla
sua parlantina e sulla sua volontà di Mago, e non si era mai fidato troppo di
nessuna delle due.
“E cosa farai per costringermi?" chiese, non troppo convinto di
essere al sicuro. "Hai la mia anima. Puoi torturarmi finché
vuoi, ma non cederò”.
“No?” Un mezzo sorriso si dipinse sul volto di Baphomet. “Mi rende orgoglioso saperlo. Sei una delle
punte di diamante della mia collezione. Ma potrei sempre richiamare quella Larva
con uno schiocco di dita, e allora divorerebbe sia te che la bambina".
Hurt si morse il labbro. “E se
ti offrissi qualcosa per non farlo?”.
“Un altro scambio?" disse Baphomet. "Non
c’è più nulla che tu possa offrirmi. Quante anime pensi di avere?”
“Nessuno scambio. Una scommessa”. Il detective strinse con forza la
mano della bambina. “Se vinco io mi riprendo la mia anima. Se vinci tu…”
abbassò lo sguardo. “Puoi avere quella di Cheryl”. Non avrebbe voluto giocarsi così la salvezza
della bambina, ma l’alternativa sarebbe stata peggiore per entrambi.
“Una scommessa!” ruggì Baphomet. “Non c’è mai un momento di noia con
te, Hurt!” Si alzò in piedi e batté le mani, e il trono si dissolse in una
nuvola di cenere. “Accetto. E secondo le regole del duello, sarò io a decidere
che genere di scommessa". Si massaggiò la barbetta rada, sghignazzando. "Ercole
ebbe dodici fatiche, ma tu non hai nemmeno un briciolo della sua tempra. Tre
prove potranno bastare. Tre… tentazioni”.
Hurt annuì lentamente. "Accetto le tue condizioni".
Baphomet sogghignò. Batté nuovamente le mani e all'improvviso le
tenebre li avvolsero.
Sopra la sua testa si accese una fila di luci al neon. Hurt si trovava
in un lungo corridoio dalle pareti bianche, qualcosa di simile a un ospedale. Cheryl
svolazzava vicino al soffitto come una falena impazzita.
“Dove sono?” chiese.
“Dov’eri prima”.
“Questo posto non è il Mare Astrale”.
“Oh, Jack!” disse il demone, scuotendo il capo. “Sai cosa pensa la
neuropsicologia del viaggio astrale?”
Hurt, che riteneva la psicologia una scienza alla pari dello studio
delle aure, si strinse nelle spalle.
“Un malfunzionamento del sistema propriocettivo che dà la sensazione
di non essere più nel proprio corpo. È solo nella tua testa”.
“Come ogni altra cosa, allora”.
Baphomet fece un gesto seccato con la mano. Il corridoio si riempì di
teche, quadri e statue di cera. “Avvicinati" disse. "Guarda bene.
Riconosci qualcosa di familiare?”
Hurt guardò. C’erano rotelle e ingranaggi esposti nelle teche, e
orologi che sembravano essersi sciolti per il gran caldo. I quadri
rappresentavano mostri impossibili, con sezioni analizzate nel dettaglio:
spettri formati da pezzi di puzzle e grovigli di rose senzienti e dita grosse come
palazzi. Quanto alle statue di cera, di un anonimo color grigiastro, erano
modellate sull'aspetto di bambini felici.
“Mi sono permesso di frugare nella tua memoria per mettere insieme
questo freak show” disse il demone.
“Non c’è che dire... tu sai come farti dei nemici”.
"È tra i miei pregi”. Il detective fece una smorfia, distogliendo
lo sguardo dalle immagini. Gli androidi del Clockworld, l’Alveare, la Dama
Grigia... Entità che aveva trovato sul suo cammino e che non era ancora riuscito
a sconfiggere. “Non capisco cosa tu voglia dimostrare”.
“Ti sei rivelato incapace di sconfiggere i tuoi nemici, Jack. È un
fatto. Eppure tutti e tre hanno i loro punti deboli: basterebbe il giusto rituale,
o il giusto artefatto, per porli alla tua mercé. Dammi l’anima di Cheryl e ti
insegnerò come fare”.
Hurt considerò in silenzio quella proposta. Il fatto che avrebbe perso
la scommessa non significava che non avrebbe potuto concludere un
buon affare: mettere fine alla scia di morte e distruzione dell’Alveare,
potersi proteggere dalle ritorsioni del
Clockwork Keeper; e, ancora, liberare tutti i bambini dal giardino della Dama
Grigia... Sarebbe bastato così poco, per sciogliere i principali nodi della sua
vita.
“Posso farlo da solo” disse. Si sentiva arrabbiato più con se stesso
che con Baphomet. Stava per cadere nella sua trappola. Ma in quanti sarebbero
morti o finiti prigionieri, mentre lui cercava un modo per vincere? Nemmeno il
Mondo era riuscito a sconfiggere l’Alveare. Eppure... qual era il valore di
un’anima innocente? Era sufficiente a ripagare un futuro di sofferenze?
“Forse sì” disse Bahomet, spiando tra i suoi pensieri “Ma più
probabilmente no. Mi aspettavo questa risposta, detective. Sei divertente nella
tua prevedibilità. Se ti venisse chiesto di scegliere fra un cucchiaio di miele
e un cucchiaio di spine saresti con la bocca sanguinante in una manciata di
secondi. Come se tu potessi rimediare ai
tuoi errori”.
“Ti sbagli" disse Hurt. Finalmente le cose stavano iniziando ad
avere un senso. "Questa è una possibilità di redenzione. Anche se non ti
avessi promesso la mia anima, sarei finito all’Inferno comunque; ma conto
almeno di arrivarci integro”.
“Se fossi stato integro non avresti pensato alla possibilità di
cedere" disse il demone. "Conosco i tuoi pensieri, Jack, e le tue
debolezze: per questo non puoi vincere”. Baphomet inspirò profondamente; poi, prima che Hurt potesse ribattere, esalò una nube di oscurità ronzante che divorò
ogni cosa.
Hurt riaprì gli occhi e si trovò in cima a un monte. Da lì poteva
vedere il mondo, ogni nazione e città in un brulicare di vite umane; non
come una mappa, né immagini confuse in successione, ma in ogni particolare,
dall'uomo che esce in barca al movimento dei popoli verso la Terra Promessa.
“Il Signore degli Eserciti sarà pur in grado di creare la vita
sputando nel fango, ma è sicuramente un architetto zoppicante”. Il demone
sedeva a gambe incrociate sulla cima del monte, la grossa testa sorretta dalle
braccia. “Penso sarebbe stato meglio creare un posto del genere fin dal
principio, da cui poter osservare i difetti e gli abomini del Suo Creato”.
Hurt sorrise a quelle parole. “Fammi indovinare. Tutto ciò che
vedo un giorno sarà mio?” Alle sue spalle, Cheryl nascose un risolino dietro una
mano.
“In verità sta a te decidere" disse Baphomet. "Affacciati e
osserva, Jack, se riesci a sopportare questa vista”.
Irresistibilmente, come sotto un incantesimo, la curiosità spinse Hurt
sul dirupo e gli fece gettare un'occhiata sulla Terra.
In Giappone un vecchio pescatore accettava il dono a doppio taglio di
un kappa, ignorando il prezzo che avrebbe dovuto pagare. In Islanda un troll
banchettava con ciò che restava di una gita fuori porta di un gruppo di
boy-scout. Nella Città del Vaticano un bibliotecario degli archivi segreti
evocava un orrore che non sarebbe mai più riuscito a rimandare indietro.
“Cosa vedi?” bisbigliò il demone al suo orecchio.
Hurt si strinse nelle spalle. “Normale amministrazione” disse, ma con
una punta d’amarezza nella voce. In vita sua aveva affrontato decine di casi
del genere, solo che…
“Solo che ora tu non sei lì” disse Baphomet. “Per ogni donzella che
salvi, altre venti vengono divorate dal drago. Per ogni oggetto maledetto che
purifichi, altri cento vengono creati". Il demone gli si avvicinò e fece
per prenderlo sottobraccio, ma il detective si divincolò e arretrò di un passo.
"Un uomo solo non può salvare la Terra” lo avvertì.
Hurt rimase in silenzio, non sapendo cosa dire. Il demone aveva ragione.
“Dammi l’anima di Cheryl" insistette Baphomet, "e io farò in
modo che tutto questo cambi. Ti darò le risorse per ricostruire il Mondo, ti
farò dono di forzieri traboccanti di tesori e manderò sogni ai giovani più
promettenti affinché vengano da te per essere addestrati. La bambina potrà valere
quanto vuoi, Jack, ma vale da sola l'anima del pianeta?”
Davvero aveva pensato di preferire Cheryl alla salvezza di sette miliardi
di persone? Si immaginò il futuro che Baphomet andava delineando: lui, Jack
Hurt, sarebbe stato un nuovo Messia, e coi suoi discepoli nella luce avrebbe
spazzato via i mostri e le paure che da sempre soffocano l’uomo, permettendogli
alfine di sbocciare e assurgere al posto che gli spettava accanto agli dèi.
Forse, con un esercito al suo fianco, avrebbe addirittura potuto sfidare lo
stesso diavolo...
Il detective rise, scuotendo il
capo. "Come se non sapessi quello che sta per succedere". Si voltò e
provò a guardarlo negli occhi, ma un mortale non può fissare a lungo un demone
e persino Hurt dovette distogliere lo sguardo. "State perdendo"
disse. "Siamo nell'Era dell'Acquario, e anche se non dovessi fare niente
non c'è dubbio che presto sarete tutti annientati. Devo solo aspettare e mi
serviranno il tuo culo su un piatto d'argento".
Baphomet socchiuse la bocca ed esalò una nuvola di zolfo. "Hurt,
tu stai giocando col fuoco" lo avvertì. "Chi ti dice che non sarai tu
colui che compirà l'impresa? Chi ti dice che non sia questa l'occasione che la
Sorellanza ti offre per realizzare l'Era dell'Acquario?"
Il detective non smise di sorridere e si toccò il naso con la punta
del dito. "Non credo. Ho già visto cosa riserva il futuro".
Baphomet sputò a terra, sprezzante, e il monte su cui si trovavano crollò
in pezzi. "Così, per la tua sicumera, condanni miliardi ad attendere
la realizzazione di una profezia".
Il detective si svegliò, batté le palpebre e si rialzò. Si guardò
attorno alla ricerca di Cheryl, e solo quando si fu assicurato che il loro
cordone reggeva ancora fece caso a dove si trovavano.
Sembrava un deserto di sabbia argentea, pieno di cocci di vetro. In
cielo comete multicolori cadevano all’impazzata, mentre da una pallida luna il
volto di Baphomet ghignava soddisfatto.
“Questo sarebbe il mio Natale Futuro?” chiese Hurt.
“È quello presente, invece”.
Dal nord si levò un vento freddo che fece rabbrividire Hurt. Cheryl smise
di fluttuare per aria, scese a terra e si andò a nascondere dietro la sua
schiena, come se fosse impaurita da qualcosa.
Lo sguardo di Hurt venne catturato dallo scintillio dei cocci di vetro
sulla sabbia. All'inizio non capì cosa fossero, con quei colori sbiaditi che
turbinavano al loro interno, ma alla fine comprese. Riflettevano immagini della
sua vita, persone che aveva perso da tempo o che erano ancora con lui. Lui e
Lilian stesi accanto a un fuoco, a raccontarsi storie di fantasmi sotto il
cielo dell'Italia; Rosemarie seduta alla sua scrivania, intenta a rispondere a
un cliente; lui e Charlie che costruivano una barchetta di carta da far
navigare nella vasca da bagno dei loro genitori; sua madre e suo padre, Daniel,
l'Episcopo, Billy e lei, la donna dai capelli rossi che non riusciva a
dimenticare, e che nel Mondo era conosciuta con il nome della Forza.
Queste e altre immagini avvolsero Hurt in una rete così fitta da lacerare
il suo spirito. Un villaggio in Papua Nuova Guinea era stato distrutto dalle
fiamme perché egli non era riuscito a esiliare un Chimerico in tempo; un
ragazzo era rimasto orfano perché non era stato in grado di liberare i suoi
genitori; il cadavere di una bambina era avvolto nel suo impermeabile perché
non aveva potuto salvarla da se stessa.
Alla fine non importava quanto le sue intenzioni fossero buone: tutti
quegli sbagli e quegli errori lo avevano reso un emarginato, lo avevano spinto lontano dalle persone che aveva amato e lo avevano reso troppo spaventato per cominciare a costruire
dei nuovi rapporti. Se solo avesse potuto tornare indietro…
“Ma tu puoi tornare
indietro” disse Baphomet. “È questo che
ti sto offrendo. Ripartire da una nuova vita, con la consapevolezza degli
errori della vecchia. So che non chiedi altro. Varrà pur un’anima questa
offerta!”
Per un attimo l'idea lo paralizzò. Aveva rifiutato un futuro migliore
e la salvezza dell’umanità per la piccola Cheryl, ma era pronto a rifiutare
anche la vita che aveva sempre sognato?
“Io…”
Doveva aspettare, prendere tempo. Ma era una possibilità così
allettante! Avrebbe ripercorso i propri passi conoscendone in anticipo il
percorso: avrebbe saputo che incantesimi tessere attorno al letto di Charlie
per non farlo rapire delle fate, avrebbe riconosciuto da subito la minaccia di
King e gli avrebbe impedito di danneggiare il Mondo, sarebbe riuscito a fermare
in tempo gli attacchi delle bestie dell’Alveare. Così tante cose sarebbero
potute cambiare, se solo avesse potuto ricominciare daccapo!
E poi non sarebbe stato più solo. Lilian e Rosemary non sarebbero
morte, e tutti i suoi compagni del Mondo sarebbero stati con lui e ad accompagnarlo
nel suo viaggio verso la vittoria contro le forze del male. Con un po’ di
fortuna, perfino la donna coi capelli
rossi sarebbe rimasta al suo fianco.
Non valeva la pena di condannare una sola bambina per questo? Avrebbe
ripagato il suo sacrificio in migliaia di modi, questo sì, era un uomo d’onore.
Ma almeno sarebbe riuscito a vivere un po’ di quella felicità che gli era stata
ingiustamente preclusa.
“Credo che…”
Lo sguardo gli cadde su un frammento di vetro semisepolto nella
sabbia. Al suo interno vide muoversi due sagome: il bambino che era stato e suo
padre, nel laboratorio del negozio, che ridevano mentre lavoravano per riparare
una teiera in frantumi.
La madre di colui che sarebbe diventato Hurt teneva moltissimo alla
sua teiera. Era un cimelio di famiglia, tramandato di madre in figlia, e
neanche suo padre antiquario era mai riuscito a capire quanti anni avesse.
Un giorno, correndo per casa, il piccolo Jack aveva urtato la teiera.
Era stato un tocco leggero, di cui all’inizio non si era nemmeno accorto; ma
tanto era bastato a farla cadere sul pavimento e a mandarla in mille pezzi. Sua
madre lo aveva sgridato e messo in punizione, ma suo padre non aveva detto
nulla, limitandosi a scuotere la testa e a sospirare.
Jack aveva deciso di rimediare. Aveva rotto il suo salvadanaio, e coi
suoi risparmi era andato a comprare un’altra teiera. Non era bella o costosa o
raffinata come la vecchia, ma era pur sempre una teiera, e Jack sperava che
tanto bastasse. Mostrò orgoglioso a suo padre l'acquisto, ma rimase deluso
nell'osservare, dopo l’iniziale reazione di sorpresa, la tristezza nei suoi
occhi. In silenzio aveva afferrato la piccola mano del figlio e lo aveva
accompagnato nel suo laboratorio. Lì, su una scrivania ingombra di strumenti da
restauro, c’erano tutti i frammenti della vecchia teiera.
“Non diventerai mai un uomo se prenderai simili scorciatoie, Jack. Nella
vita non si possono ignorare i propri sbagli e sostituirli con qualcosa di
nuovo. Se rompi qualcosa, la devi aggiustare“.
“Ma non si può aggiustare!” aveva piagnucolato Jack, fissando con
rammarico la teiera nuova che ancora stringeva tra le mani.
“No che non lo è. Tutto può essere riparato, anche se niente può
tornare come prima”.
Il bambino esitò. Si avvicinò al banco da lavoro, prese in mano due
cocci di porcellana e provò a farli combaciare. “Non sono capace” disse.
“Ti insegnerò” aveva detto suo padre, scompigliandogli i capelli.
“Sono qui per questo”.
Hurt strinse la mano di Cheryl, e quel contatto parve infondergli una
forza che non immaginava di avere. I cocci di vetro si alzarono in volo,
lasciandosi dietro un turbinio di sabbia argentata, e si ricombinarono tra loro
in ammassi che crescevano e si muovevano come dita in cerca del cielo, si
spostavano e si ricongiungevano unendosi in qualcosa di più grande e complesso,
dando vita a una città di cristallo fatta di torri e guglie.
“Non ho bisogno di te” urlò al demone. “Sconfiggerò i miei nemici da
solo, ricostruirò il Mondo da solo, e mi creerò una nuova vita da solo, senza le
tue scorciatoie. Hai perso, Baphomet”.
Il demone non era più nella luna. Alle spalle del detective, di nuovo
seduto sul suo trono di ossa, egli lo stava fissando a metà tra il divertito e
il disgustato. Alla fine applaudì. “Hai superato la prova"
disse. "Per poco”.
“Per poco” concesse Hurt. “Ora dovrai rispettare gli accordi”.
Il demone sbuffò, e per un istante il suo volto fu offuscato da una
nube di collera. “Siete liberi, tu e la tua lanterna". Spalancò la bocca
ruminante e belò con allegria. "Siete stati un piacevole intrattenimento,
per quello che è durato”.
Hurt crollò sulle sue ginocchia. Aveva vinto. Ora poteva finalmente
portare a termine la sua missione, e una volta tornato nel mondo degli umani
aggiustare quello che rimaneva della sua vita. Lo doveva a Cheryl, la cui anima
aveva messo in pericolo, e lo doveva anche a se stesso, che l'aveva salvata.
“Oh, quasi dimenticavo”. Baphomet ghignò. “Non ti voglio più vedere,
Jack. I cancelli dell’Inferno ti sono preclusi per sempre”.
L’investigatore rimase sbalordito, senza capire. Poi
una scintilla di comprensione si accese nella sua mente, e con essa l’orrore.
“Questo viaggio è stato illuminante, sai? Il Paradiso non ti accetterà
di certo e non sei abbastanza pentito per il Purgatorio. Sei troppo narcisista
per il Nirvana e a quanto pare non vai d’accordo con l’idea della
reincarnazione. Non parliamo neanche degli aldilà degli altri dèi, perché non
esiste pantheon che non ti sia inimicato. Ti restava solo l’Inferno”.
“Quindi… cosa sarà di me?” balbettò lui.
Hurt sapeva che gli erano rimaste solo due possibilità: rimanere sulla
Terra in forma di fantasma e impazzire con il passar dei secoli, o vagare nel
Mare Astrale fino ad essere divorato da una Larva... L’Inferno era un male
conosciuto, confortante a suo modo, ma quell’incertezza lo terrorizzava. Capì
di essere stato giocato: fin dall'inizio, qualunque cosa avesse fatto, il
demone sapeva che sarebbe stato lui a perdere.
Baphomet si strinse nelle spalle. “Improvvisa” disse, e scomparve.
...
C’era una bolla di sapone sul fondo del Mare Astrale, grande quanto un
pallone da calcio. Al suo interno, in un vortice di stelle, si intravedeva un
piccolo ma felice lembo di terra, dove gli alberi avevano nuvole al posto delle
foglie e i bambini nuotavano in fiumi di latte e miele.
Hurt strinse un’ultima volta la mano di Cheryl, poi, aiutandosi con i
denti, strappò il filo argenteo che li teneva uniti. Quindi le rivolse un
sorriso rassicurante. "Puoi andare" le disse.
La bambina fece il gesto di mandargli un bacio. Prese la bolla di
sapone fra le mani, l’Aldilà dove avrebbe potuto riposare, e chiuse gli
occhi.
La sua luce iniziò ad andare e venire, a intermittenza. I lampi si fecero
sempre più intensi e rapidi, e il cuore di Hurt venne inondato da una serenità che
non aveva mai provato prima, tanto forte da fargli scordare i suoi dolori.
In un lampo finale, poco prima di lasciare il Mare Astrale, la luce
dell’anima di Cheryl divenne così brillante da riempire il vuoto e l’oscurità,
inglobando in sé ogni cosa.
E in cuor suo Hurt seppe, per una volta, di aver fatto la cosa giusta.
Davvero un bel racconto! :D sopratutto la parte del confronto tra Hurt e il demone :)
RispondiEliminaDeng iu, Giuseppe!
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