Darkwater Falls [pt. 2]
[di Riccardo
Calandra]
Hurt era a terra e non dava alcun segno di vita. Era solo
riuscito a voltarsi quel tanto che bastava per evitare di cadere addosso a
Selene.
Franz aveva visto la porta aprirsi e i due cadere. Era corso da loro, li aveva afferrati ognuno per una gamba e li aveva trascinati
lontano dalla casa. La porta era rimasta aperta, ma il ragazzo aveva preferito non
guardare all'interno.
Hurt si mosse leggermente, ebbe un fremito e aprì gli occhi. Poco
lontano da lui Franz era chino su Selene, l'orecchio poggiato sul suo petto.
Appena si accorse che il detective era in piedi si staccò da lei.
"È viva" disse. "Ma sembra in stato di shock".
"È viva" disse. "Ma sembra in stato di shock".
Hurt barcollò in avanti, ma riuscì a fare appena un passo prima di
cadere in ginocchio.
"Come fai a saperlo?"
"Studio medicina, signore. Sono quasi laureato".
Hurt era sorpreso, ma anche sollevato. Selene era viva. In quel
momento iniziò a capire quanto ormai quella ragazza contasse per lui.
"Cos'è successo lì dentro?" chiese Franz. La sua fronte era
cosparsa di minuscole gocce di sudore.
"Qualcosa ci ha attaccati" disse il detective mentre si sedeva. "Il Violinista esiste. Avrei dovuto crederti. Sarei
entrato più preparato, e forse sarebbe andata diversamente. Siamo stati
fortunati". La sensazione di confusione cominciò a sparire, ed egli riuscì
a pensare più lucidamente.
Non era un fantasma quello che aveva visto. Ma non si
trattava nemmeno di un demone. Un Poltergeist, forse. Le porte che sbattevano,
il pendolo che aveva iniziato a suonare... Tornava.
"Io non sono morto, Jack. Conosci la mia storia, eppure sai
così poco di me. Mi credi un fantasma? Ti sbagli". Quella frase...
Nessun fantasma o Poltergeist gli aveva mai detto nulla di simile. Era la prima
volta che un'energia residua resisteva così facilmente
all'evidenza di non essere più di questo mondo.
"Mi servono protezioni, Franz" disse. "Torniamo a casa
tua. Selene deve riposare".
"Forse ha più bisogno di andare all'ospedale" borbottò il
ragazzo, ma il detective fece finta di non averlo sentito.
Erano di nuovo nell'appartamento di Franz. Hurt si fece prestare
un barattolo di sale grosso e un pennarello rosso, poi prese una manciata di
sale e lo appese, chiuso in un sacchetto, alla cintura. Con il pennarello rosso
iniziò a tracciarsi addosso i sigilli di protezione.
Franz guardava ammutolito. Mentre il detective lavorava, a
bassa voce intonava litanie che il ragazzo non riusciva a capire. Quando
ebbe finito, Hurt era quasi completamente ricoperto di segni magici, escluse le
parti che da solo non poteva raggiungere. Selene avrebbe potuto
aiutarlo, ma in quel momento questo era il meglio che poteva ottenere.
"Franz, tu resta qui e bada a Selene". Il suo tono di voce
era sicuro, deciso, di chi si è già trovato in situazioni del genere e se l'è
comunque cavata. "Vado a recuperare quella maledettissima anima".
"Jack... Eh... Signor Hurt?"
Il detective si voltò verso Franz. Il ragazzo lo fissava di rimando,
serissimo.
"Ce la farà, vero?"
Hurt si voltò di nuovo e alzò la mano a mo' di saluto.
"Ce l'ho sempre fatta" disse, col tono più tranquillo che
gli riuscì di imitare.
La notte era scesa su Darkwater Falls. Hurt era l'unico a camminare
lungo le strade buie. Aveva acceso una sigaretta e la fumava a boccate veloci, ma
in realtà il bisogno più forte era quello di bere.
Si trattenne: sapeva di aver bisogno di tutta la sua lucidità per
affrontare il Violinista, per recuperare l'anima della bambina e magari per
tornare a casa intero. Eppure il pensiero che ci fosse qualcosa di
incredibilmente sbagliato continuava a tormentarlo. Ripensava alla frase che il
Violinista aveva detto prima di attaccarlo.
"Io non sono morto, Jack".
Il silenzio regnava su tutto quando alla fine il detective si trovò
davanti alla casa del Violinista.
La sua sola vista lo nauseava. Scacciò le sue preoccupazioni, liberò
la mente e mosse un passo all'interno.
Chiudiamo per bene l'ingresso questa volta, eh?
La porta si richiuse alle sue spalle. Istintivamente Hurt provò la
maniglia: era bloccata.
Questa volta l'entità non si era espressa attraverso la mente del
detective. La voce era chiaramente udibile all'esterno. Nel mezzo della
stanza, di fronte a lui, il buio parve condensarsi in un punto e prendere la
forma di un uomo vestito di nero, molto elegante nel suo smoking
antiquato. Reggeva in mano quello che doveva essere uno strumento musicale,
anche se Hurt non ne aveva mai visti di quel genere.
"Questa volta è più cauto. I sigilli funzionano" pensò Hurt.
"Le chiedo perdono per come mi sono mostrato
precedentemente". L'uomo di fronte a lui lasciò che sul suo volto si
dipingesse un accenno di sorriso. "La rabbia gioca pessimi scherzi, come
sono sicuro lei saprà".
Hurt non si degnò di rispondergli. Si limitava a studiare la figura
che aveva di fronte.
"Mi dispiaccio, le ripeto, per come le cose ci sono sfuggite di
mano. Ma so cosa cerca da me una persona come lei. D'altra parte per cosa uno
dovrebbe venire fino a qui, se non per la mia Cheryl?" Al suono del nome
della bambina la voce si era fatta gracchiante, proprio come se fosse emessa da una radio mal
sintonizzata.
In quel momento il pendolo batté dodici... no, tredici rintocchi. Di
nuovo Hurt si sentì colto dal panico: qualcosa dentro di lui iniziò a muoversi
mentre una sensazione di nausea lo avvolgeva come una calda coperta,
soffocandolo.
"Dov'è?" riuscì a chiedergli.
"Alloggia nelle stanze più sicure della casa. Non siete il primo
a venirla a cercare, ma lei non vuole essere disturbata".
I rintocchi del pendolo continuarono, facendosi mano a mano più
rumorosi, finché ad Hurt sembrò di aver dimenticato qualsiasi altro suono.
Iniziò ad avere paura: i sigilli avrebbero dovuto bloccare la forza di un
Poltergeist, ma per il momento sembravano non attivarsi.
Fu come se la cosa che gli stava di fronte avesse capito. Allargò ancora il suo sorriso, mostrando al detective una fila di
denti gialli e marci. "Cosa si è disegnato addosso? L'ho già detto, credo,
che non sono un morto".
"Leggi nella mia mente...?".
Ormai Hurt era in ginocchio. Intorno a lui le porte sbattevano di
concerto e la casa pareva quasi urlare. Tentò di portarsi le mani alle
orecchie, ma scoprì di non esserne capace.
È OVVIO, IDIOTA!
Era di nuovo il pensiero, esploso nella mente del detective proprio
mentre finiva di pronunciare la sua domanda.
Si metta comodo, Jack, disse il Violinista. Le farò ascoltare la mia musica.
Si metta comodo, Jack, disse il Violinista. Le farò ascoltare la mia musica.
La schiena di Hurt si inarcò fino a toccare terra. Il detective urlò,
poi tutto attorno a lui divenne nero.
La risata di un bambino... Pura e cristallina. Nel buio il bambino corre, allontanandosi da lui. Ovunque è disperazione che inghiotte membra e spirito.
CHARLIE.
Correre disperatamente, inseguire il bambino che fugge e si allontana incontro al nulla. Sta correndo verso la rovina del mondo. Un'esplosione accecante mentre il bambino si volta: il suo è un volto deforme. Occhi neri senza pupilla lo fissano dal fondo di abissi senza fondo.
Correre disperatamente, inseguire il bambino che fugge e si allontana incontro al nulla. Sta correndo verso la rovina del mondo. Un'esplosione accecante mentre il bambino si volta: il suo è un volto deforme. Occhi neri senza pupilla lo fissano dal fondo di abissi senza fondo.
"Mi hai lasciato andare,
fratellone" dice il piccolo mostro. "La Dama Grigia ha regali per me,
tutto quello che voglio. Mi vuole bene come loro non me ne hanno mai voluto.
Non tornare a prendermi".
Il
volto sfigurato risplende e si sfalda. Le mani di Hurt brancolano tra i
frammenti liquidi, si attorcigliano intorno al vuoto. Il viso di King, fisso,
si concretizza tra le ombre: la sua bocca, enorme, si apre in un sorriso.
"Ci
hai uccisi tutti!" urla nel buio.
L'ultimo rintocco echeggiò a lungo nella sua mente. L'argenteria vibrava sui tavoli e sugli scaffali. Il pendolo osservava la scena, e finalmente era silenzioso.
Hurt aprì gli occhi e urlò con tutta la forza che aveva. Non
si trovava più nello stesso punto in cui era caduto. A terra, nell'oscurità di
fronte a lui, vide una pozza di sangue che doveva essere il suo. Alzò le mani per tastarsi la fronte, ma il riflesso del dolore lo obbligò a ritirarle. Una
ferita ancora aperta la percorreva in verticale. Il detective urlò di nuovo.
"Cosa mi hai fatto?" chiese alle tenebre.
Il Violinista era scomparso. La sua voce si spandeva da un punto
imprecisato della casa.
"Ha la testa dura, signor Hurt. Pensavo che a un animale come lei
convenisse una morte semplice. Ma la sua configurazione è davvero interessante.
Ha fatto cose spiacevoli, ho ragione? Il
suo passato la tormenta, la... divora".
Con uno sforzo il detective riuscì a rimettersi in piedi. Configurazione?
pensò, abbastanza forte da farsi
sentire dal Violinista. Il dolore alla testa era quasi insopportabile. Barcollò in avanti cercando di mantenere l'equilibrio.
"Non somiglia agli altri animali" disse la creatura. "E
forse è doveroso per me ricompensarla delle sue fatiche. Mostrarle magari il
motivo per cui è giunto, sì?".
Un gemito debole pervase la casa. Hurt capì che qualcosa stava
arrivando, avanzando a passi lenti e strascicati. Alzò lo sguardo sulla figura
che si muoveva verso di lui.
"Chi è che bussa, mio tesoro?" disse una voce che non era
quella del Violinista.
Era una donna. Man mano che si avvicinava, il detective notò il
movimento ondulatorio delle braccia scheletriche. I capelli lunghissimi
crollavano arruffati sulla schiena e sul vestito bianco che indossava,
macchiato e strappato in diversi punti.
"Questo qui è venuto a trovarci?" chiese la creatura, la
voce che saltava di semitono in semitono, in una confusione disarmonica
orribile a sentirsi. Si rivolse a Jack. "Questo è il mio posto. Lui mi
protegge. Noi ci amiamo".
Ormai lo aveva raggiunto. Hurt fu costretta a distogliere lo sguardo
dal volto incavato che stava a pochi centimetri dal suo. La mano fantasma gli
bruciava. Era Cheryl, la bambina che era venuto a cercare, ma era anche un'anima sfigurata dal
tempo trascorso in quella casa.
"Noi siamo una cosa sola." sussurrò la creatura all'orecchio
di Hurt. Il suo alito sapeva di sterco e di cose morte. "E io con te non
ci vengo!" urlò con voce infantile.
I pensieri di Hurt turbinarono confusamente. Non capiva perché i
sigilli non stessero funzionando. Il sale era sparso ovunque, il sacchetto
caduto quando il Violinista lo aveva attaccato. Stava combattendo qualcosa che
non riusciva a capire.
La risata rauca del Violinista riempì la stanza mentre il pendolo
ricominciava a battere. Hurt fece due passi e si aggrappò allo stipite della
porta per non cadere.
Lentamente le sue mani cominciarono a perdere di sensibilità. Le gambe
diventarono molli. Poco prima di cadere nell'oblio, il detective riuscì a
lanciare uno sguardo di fronte a sé. Dentro la porta... dentro l'intelaiatura
dello stipite... ingranaggi si muovevano ritmicamente, avanguardie di un'opera
sconosciuta.
Il freddo gelido riempie le ossa. Siamo in due, siamo compagni, siamo insieme. Nulla ci fermava, vero Jack?
Lilian emerge dalla tormenta, avvolta dalle rose intricate, il viso spezzato a metà dal colpo di pistola che le ha tolto la vita.
Il freddo gelido riempie le ossa. Siamo in due, siamo compagni, siamo insieme. Nulla ci fermava, vero Jack?
Lilian emerge dalla tormenta, avvolta dalle rose intricate, il viso spezzato a metà dal colpo di pistola che le ha tolto la vita.
Jack, come hai potuto lasciarmi morire?
È la voce di Lilian, carica di
anni di colpa e risentimento.
Jack, ero giovane e bella. Guardami ora.
Non ti importa nulla di noi. Siamo solo
figure che ti passano accanto mentre compri la teiera. La tormenta si fa
tagliente, il dolore penetra nel corpo, e Lilian guarda e piange dall'unico
occhio che le è rimasto. Ancora una volta le mani di Hurt tentano di
afferrarla, ma l'immagine scivola via, ricoperta dalle nevi turbinanti, e
scompare, lasciando dietro di sé solo il rimpianto.
Il detective riaprì gli occhi. Stavolta il dolore era così forte che
rischiò di farlo svenire di nuovo. Abbassò lo sguardo, cercando di capire dove
fosse, e vide che lungo le tracce dei sigilli che si era disegnato si aprivano lunghe
ferite. Sentì tra le mani il peso di un coltello... Lo lasciò cadere: era stato
lui a farsele.
Si rese conto di trovarsi davanti al pendolo, in ginocchio.
"Non si deve preoccupare per il dolore" disse la voce
del Violinista. "La prossima volta la uccido".
La creatura si librava accanto a lui. Lo guardava da vicino,
fissandolo negli occhi. Eppure Hurt gli stava sorridendo.
"Questa...." riuscì a biascicare, privo di forze. "Questa
è un'illusione".
Il Violinista si alzò di scatto, guardando fisso dentro il pendolo.
Poi scoppiò a ridere.
"Mi congratulo, detective!" La voce del Violinista aveva
assunto una tonalità diversa. Tutte le formalità sembrarono averla abbandonata,
ma mantenne comunque un certo contegno. "Hai visto gli ingranaggi, vero?
Nello stipite della porta? Tanto vale che ti mostri anche il resto".
Sorrise orgoglioso mentre spiegava la sua opera. "È un lavoro di
ingegneria grandiosa, il mio. Lo strumento migliore che abbia mai realizzato.
Goditi lo spettacolo... perché non ti rimane molto tempo per farlo".
Il detective sentì come un rumore di fondo che si fermava
all'improvviso. Non si era reso conto della sua presenza finché non aveva
smesso, e con orrore capì che il rumore era nel suo cervello. La casa intorno a
lui iniziò a sgretolarsi, rivelandosi per quello che era veramente. Il cemento
coperto di muffa perdeva di consistenza, assottigliandosi in piccole scaglie
che cadevano e si dissolvevano.
Griglie arrugginite sostituivano le pareti. Oltre, le grate rivelavano
un gigantesco sistema di ingranaggi e pistoni in movimento. Archi voltaici
scaricavano alternativamente l'uno sull'altro, carichi di elettricità statica;
fasci di cavi e tubi per il trasporto del
vapore correvano lungo le pareti, il pavimento e il soffitto, e convergevano
tutti verso un unico punto: il pendolo di fronte ad Hurt.
"Ecco come conservi le anime".
Questa volta il Violinista parve turbato. La sua voce sembrò assumere
una nota più cauta.
"Sei furbo... Più di quanto lo siano le altre bestie. Ma non mi
porterai via il mio amore".
Anche il pendolo aveva cambiato aspetto. Ora pareva una semplice
struttura cilindrica formata da un reticolo di magneti: al suo interno, come
imprigionata, guizzava una strana luce... Hurt era sicuro che fosse quella la
chiave di tutto. La disposizione dei magneti, la loro configurazione, come in
un sigillo d'evocazione, pensò all'improvviso. La lancetta dei minuti si
muoveva regolarmente verso una tacca rossa di ruggine incisa nel quadrante. Quella delle ore, fissa
sul 7, era coperta di ruggine. Sembrava non essersi mossa da molto tempo.
Il sorriso di Hurt si allargò mentre cercava di tenere a bada il
dolore.
"Ecco cos'è la configurazione"
disse, rivolto alla cosa che aveva di fianco. A quel punto non poteva fare a
meno di provare un senso di trionfo.
"Configurazione mentale. L'anima racchiusa nei campi elettrici
del sistema nervoso. Preservarla è preservare ogni pensiero, ogni ricordo, ogni
schema mentale. Una strana forma di immortalità".
"Tu..." provò a dire la creatura.
"Attento" lo avvertì il detective. "Imprigionare
l'anima in un macchinario non è stata la migliore delle idee. Suppongo che il
tuo corpo si sia lasciato morire qui, da qualche parte". Lo guardò con un
misto di disgusto e ammirazione. "Devi essere stato un genio, in vita".
La figura del Violinista iniziò a vibrare. In alcuni punti sembrava
saettare fuori dalla sua forma, e poi immediatamente tornava a
ricomporsi. La lancetta era a metà strada verso la tacca rossa.
"Avresti dovuto limitarti a te stesso. Non avrei avuto nessun
motivo per immischiarmi nel tuo piccolo mondo. Ma la sua anima è un'altra
storia". Si tolse dagli occhi la fuliggine e si protese verso il pendolo.
"Oltretutto, qualsiasi destino sarebbe meglio che rimanere qui".
"Jack, non lo fare" lo pregò il Violinista. "Io la amo,
e lei ama me. Non esiste nulla qui per me, eccetto lei. Siamo soli a questo
mondo, detective!". Sembrava che stesse per appoggiargli una mano sul braccio, ma questa si
mise a sfarfallare e a cambiare di posizione in continuazione. "Non
portarmela via".
Hurt lo guardò un attimo, quasi impietosito, ma scosse la
testa.
Un ululato lugubre echeggiò in tutta la casa. La figura del Violinista
tornò a deformarsi: una corona di denti aguzzi emersero attorno al suo cranio,
e lo strumento che teneva in mano si fuse col suo scheletro mutandosi in
qualcosa che somigliava a una mazza. Con un urlo si lanciò contro il detective.
Hurt estrasse la Colt con la mano fantasma e sparò un solo colpo contro
il quadrante del pendolo. Intorno a lui tutti i macchinari ansimavano, e
lottavano contro la ruggine e il tempo.
Il quadrante esplose e la figura deforme del Violinista passò
attraverso di lui, lasciandolo illeso. Era solo un'altra illusione. Il detective
aveva capito il funzionamento del macchinario non appena aveva visto la tacca
incisa nel quadrante: serviva tempo ai magneti per caricarsi e permettere al
Violinista di influenzare il sistema nervoso di un'altra persona. Egli capiva
quando arrivava il momento perché il pendolo suonava... ma quando i tredici
rintocchi si esaurivano era costretto a fermarsi.
Dietro ai resti del quadrante una piccola sfera di vetro, crepata in
qualche punto, brillava di luce blu. Un reticolo intricatissimo di magneti ne
copriva la superficie, imprigionando e sostenendo la configurazione della
bambina. La afferrò mentre la voce del Violinista riempiva la stanza.
"FERMATI! NON PUOI RUBARMELA! NON POSSO RESISTERE DA SOLO. QUESTO
MONDO È... ORRIBILE!"
Hurt si incamminò verso l'esterno e la porta si aprì cigolando.
Hurt si incamminò verso l'esterno e la porta si aprì cigolando.
"È il mondo che ti sei creato" disse.
I rintocchi del pendolo ricominciarono, ma ormai il detective era
quasi fuori. Iniziò ad avvertire una leggera emicrania. La figura del Violinista
si scagliò contro di lui in uno sforzo disperato e incoerente di fermarlo, ma
Hurt fece un passo, uscì all'esterno e con un calcio si richiuse la porta alle
spalle.
Dall'altra parte della casa qualcuno iniziò a piangere e a picchiare
contro le pareti. Hurt cercò di non prestarci attenzione e, a testa bassa,
nascondendosi l'anima in tasca, si incamminò verso casa di Franz.
Di nuovo al palazzo dove abitava Franz, il detective si sentiva più
stanco che mai. Nonostante quello che si ripeteva, questa volta era stata più dura del solito. Il suo pensiero, però, in quel momento non
era rivolto all'anima che aveva in tasca, ma a Selene.
Da fuori, guardando verso
l'alto, riconobbe la finestra, una delle poche illuminate nella facciata.
Immaginò Selene, sperando fosse sveglia per poterla ringraziare di quanto aveva
fatto. Mentre saliva le scale, dopo aver gettato un'occhiata all'ascensore, si
accorse che i tagli lungo i sigilli avevano smesso di sanguinare. Continuavano
a bruciare, però. Per la testa invece avrebbe avuto bisogno di cure mediche:
Franz sarebbe morto di gioia per questo, pensò con un sorriso.
Arrivò in cima alle scale e aprì la porta.
Selene era sveglia, alla fine. E lo era anche Franz. Le loro labbra
erano unite, e i due erano stesi sulla lastra di metallo che faceva da
tavolino, il corpo di lei inarcato all'indietro e quello di lui a premerlo da
sopra. Si bloccarono e si voltarono entrambi a guardare Hurt. Selene abbozzò un
sorriso, ma Franz sembrava un cervo paralizzato dai fari di una macchina.
Hurt sentì come un peso scivolargli lungo lo sterno, giù fino al
bacino. Non sapeva bene cosa avrebbe dovuto fare, così si voltò e, per la
seconda volta nella serata, si chiuse la porta alla spalle.
Jack Hurted
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