Una questione privata
[di Stefano Mazzoni]
Quando arrivò, il feretro di Rosemarie aveva il coperchio chiuso. I becchini avevano passato la barra di metallo e la fiamma ossidrica
per sigillarlo.
Hurt si avvicinò alla madre di Rosemarie e le sfiorò
la mano. Era una donna di mezza età, mora, abbastanza bassa; indossava un paio
di occhiali da sole per nascondere le lacrime.
"Mi spiace", disse. "Credevo sarebbe
stata al sicuro".
Hurt stava tornando a casa. Accanto a lui, le orecchie
e la coda bassi, lo seguiva Daniel. Il cane era bendato lì dove King gli aveva
strappato il pelo, e il veterinario gli aveva messo un imbuto per impedirgli di
mordersi. Neanche lui aveva molta voglia di parlare.
Davanti a loro un bambino fece per attraversare la
strada. Un taxi stava arrivando dalla direzione opposta, e se non l'avesse
visto in tempo lo avrebbe investito. Hurt camminava troppo concentrato per
accorgersene, ma Daniel saltò e afferrò il bambino, stringendogli i denti sopra la maglietta, e cadendo sulle zampe lo tirò indietro.
Il bambino aveva gli occhi arrossati. Probabilmente
aveva appena pianto. Rimase lì a guardare il cane in silenzio, come se volesse
dirgli qualcosa ma si chiedesse se fosse una cosa sensata da fare. Fortunatamente, dopo
alcuni passi, Hurt si accorse che Daniel era rimasto indietro, si voltò e
vide il bambino.
"Ehi, piccolo" disse. "Tutto
bene?"
Il bambino guardò Hurt e gli tremarono le labbra.
Sembrò stesse per scoppiare di nuovo a piangere, invece "Signore"
disse, col tono gentile che assumono i bambini quando si rivolgono agli adulti,
"mi aiuti. Non riesco più a svegliare mamma e papà".
"Dove abiti?" disse il detective. Corrugò la
fronte, indeciso sul da farsi.
Il bambino fece cenno verso un condominio alle sue
spalle. "Al terzo piano".
"Vado a vedere. Tu aspetta qui". Mentre lo diceva, Hurt cercò di sorridergli in maniera rassicurante. Il bambino lo fissò senza dire
una parola. "Daniel, tu fai la guardia".
Hurt si girò, aprì la porta del condominio e iniziò a
salire lo scalone. Arrivato al terzo piano socchiuse gli occhi e si concentrò.
All'improvviso sentì un brivido, come un dito gelido che gli corresse giù per la
schiena: con aria di certezza si girò verso l'appartamento ed entrò.
La casa era sottosopra. Cassetti aperti, sedie
rovesciate, armadi svuotati il cui contenuto era sparso confusamente per le
stanze... Hurt esplorò l'appartamento finché non si trovò nella camera da letto.
Un uomo era steso ai piedi della porta, a pancia in giù, completamente
immobile.
Sul letto giaceva una donna, gli occhi aperti e la
bocca congelata in un grido. Aveva capelli lisci, due grandi occhi
nocciola e i lineamenti morbidi. Doveva essere stata decisamente attraente, pensò
il detective mentre distoglieva lo sguardo. All'altezza della pancia le sue
coperte erano lacerate e intrise del sangue che gocciolava dal materasso.
"Diavolo..." mormorò. Si avvicinò a lei con
le mani in tasca, raccolse un fazzoletto e se lo ficcò nella giacca. Stando
bene attento a non toccare altro, fece il percorso all'indietro e
ritornò all'aria aperta.
La T-Bird si fermò davanti al giardino di un'elegante villetta
di periferia. Daniel fu il primo a saltare giù, latrando mentre Hurt sollevava
il bambino e lo portava verso il portico. Il detective sporse un gomito e riuscì a
suonare il campanello.
La porta si aprì e sulla soglia comparve un uomo sulla
quarantina, con un cardigan e un collare cattolico sulla camicia. I suoi
capelli erano bianchi. Appena vide Hurt gli occhi parvero accenderglisi come due fuochi.
"Jack" lo salutò, con una bella voce
profonda. "Cosa sei venuto a fare qui?"
"A cercare aiuto" disse il detective senza
sorridergli. Fece segno al di là della porta. "Posso
entrare?"
Gli occhi dell'uomo scesero verso il bambino che
teneva in braccio, poi incrociarono quelli di Daniel, che sporgeva il muso
tra le sue gambe. "Come va?" disse.
"Potete accomodarvi. Tu,
il tuo piccolo amico e il famiglio".
Si scostò e li fece entrare. Guidò Hurt in salotto e
gli fece segno di poggiare il bambino su un divano, quindi gli si avvicinò e si
sporse su di lui, sistemandolo meglio tra i cuscini.
"Questo non è un sonno naturale" disse.
"Sono stato io" ammise Hurt, mordendosi le
labbra. "Quando si sveglierà starà un po' meglio. Poi, di nuovo
peggio".
Il suo ospite lo studiò, con un'espressione indecifrabile sul viso. "Evidentemente i tuoi poteri sono aumentati.
Prima non avresti potuto farlo. Come pensi sia possibile?"
Hurt si strinse nelle spalle. "Alcuni giorni fa
ho ucciso un uomo" disse.
L'ospite lo guardò e sembrò stesse
per chiedergli altro. Invece: "Ci saranno delle conseguenze" si
limitò a dire. "Hai infranto la Legge".
"Fuggirò dalla Legge".
"Forse potresti. Ma nemmeno tu puoi
fuggire dalla Sorellanza Bianca".
Hurt non dette segno di aver sentito. "Ti ho
portato il piccolo perché te ne prendessi cura" disse.
"Finché non avrò sistemato tutta la faccenda".
"Quale faccenda?"
"Quella che qualcuno gli ha ucciso i
genitori".
L'uomo aggrottò un sopracciglio. "Avresti dovuto
portarlo ai servizi sociali".
"Lo volevo al sicuro" disse il detective.
"Casomai le cose si facessero... più complicate".
"Più complicate di così?" L'uomo stette un
attimo a riflettere. "Che vuoi fare?" chiese. E, quando capì che
Hurt non gli avrebbe risposto, "Stai attento" disse. "Il
percorso su cui ti trovi è una strada in discesa. È davvero facile
cadere".
"Non c'è solo una Legge, Episcopo. Ne esistono altre,
più antiche. Quella della vendetta, ad esempio, e le Vecchie Madri presiedono
anche a quelle".
L'Episcopo rimase in silenzio, il respiro calmo,
studiando l'espressione del detective. Hurt lo capì e si dette un contegno, mentre
le sue guance diventavano rosse. Si guardò attorno, un po' a disagio,
come se stesse pensando a qualcosa da dire. Dopo un attimo si strinse nelle spalle
e chiese, come per cambiare discorso: "Lei come sta?"
Non ci fu bisogno che l'Episcopo gli domandasse chi.
"Bene. Come sempre. E come sempre non vuole che ti dica dov'è". Lo guardò negli occhi. "Ma le dirò che la saluti" disse, come cercando di addolcire quel divieto.
"Bene. Come sempre. E come sempre non vuole che ti dica dov'è". Lo guardò negli occhi. "Ma le dirò che la saluti" disse, come cercando di addolcire quel divieto.
Hurt lo ringraziò. Non aveva altro da dirgli, così
decise di andarsene, e Daniel lo seguì fino alla porta.
"No" disse il detective. "Non ti voglio
con me, stavolta. Rimani finché non torno a prenderti".
Daniel lo ascoltò, ma quando fu uscito si accucciò
davanti all'uscio mugolando.
L'Episcopo lanciò una rapida occhiata al bambino,
assicurandosi che stesse dormendo. Si diresse alla finestra e vide Hurt che
ripartiva sulla Thunderbird. Rimase lì per un po', in silenzio, pensando al
detective e a quello che era successo alla Città delle Urla finché Daniel non gli toccò la mano col naso umido. L'Episcopo sobbalzò, si passò la
mano sul cardigan e lo guardò fisso, ma senza vederlo realmente.
"Ciao, sono Daniel" disse il cane, incurante
della sua espressione vacua. "E il cucciolo nell'altra stanza è
Billy".
Hurt tornò nel suo ufficio. I sigilli erano ancora lì,
ma Hurt li sollevò ed entrò lo stesso. Non aveva altro posto in cui andare.
Si sottopose a un paio d'ore di meditazione. Stava
immobile, seduto sui polpacci, la schiena dritta e le mani appoggiate sulle
cosce. Quando fu pronto estrasse dalla tasca il fazzoletto che aveva preso alla
donna e lo appallottolò. Era passato in cartoleria a prendere una boccetta
d'inchiostro: la aprì coi
denti e la versò sul fazzoletto. Fece tutto questo in automatico, mentre la sua
mente vagava altrove. Alla fine, con uno sforzo di volontà, come un
fiume che all'improvviso superi una diga e si riversi nella valle, tornò a
pensare.
Il dolore alle gambe lo fece cadere a terra. Il fazzoletto era rotolato sotto la scrivania; non potendo
alzarsi, allungò le braccia per raggiungerlo. Lo distese e cercò di appiattirlo
poggiandoci sopra tutto il proprio peso. L'inchiostro era asciutto, ed era
colato in modo da disegnarci sopra un cumulo di vie, strade, sentieri, edifici
e isolati.
Hurt non sorrise quando vide che l'incantesimo aveva
funzionato. Aggrappandosi alla scrivania riuscì ad alzarsi, estrasse la pistola
e controllò che fosse ancora carica. Quindi, con aria cupa, se la mise nella
fondina e uscì zoppicando.
Daniel se ne stava in salotto a fare la guardia al bambino. Per
ammazzare il tempo guardava la televisione. L'Episcopo entrò, reggendo un
vassoio con due tazze e una scodella, una teiera fumante d'acqua calda, una
zuccheriera e tre bustine di tè; ma si fermò sulla porta.
"Che stai guardando?" chiese, corrugando la
fronte.
"Dallas" disse il cane. "Ogni
tanto ho bisogno di un po' di realismo nella mia vita".
L'Episcopo poggiò il vassoio su un tavolino e mise le
buste in una tazza e nella scodella. Daniel si girò e seguì con attenzione i suoi movimenti.
"Credi che farà qualcosa di grave?" chiese,
riferendosi ad Hurt. "Qualcosa che possa metterlo nei guai?"
L'Episcopo aveva già afferrato la teiera dell'acqua
calda, aiutandosi con un panno, e ora la tenne sospesa a mezz'aria.
"Non è la prima volta che lo vedo così"
disse. "Aveva la stessa espressione quando lo presi con me".
L'uomo stava per aggiungere qualcos'altro, ma Billy emise
un mugugno e si stropicciò gli occhi. Allora appoggiò la teiera sul vassoio e si
inginocchiò accanto a lui. Anche Daniel, scodinzolando, li raggiunse.
Il bambino riuscì a mettersi seduto. L'Episcopo gli porse un bicchiere d'acqua e zucchero. "Bevi", disse.
"Ti farà stare meglio".
Billy prese qualche sorso e riconsegnò il
bicchiere. Poi, come se solo in quel momento si fosse accorto di dove si
trovava, "Chi sei?" chiese.
"Una volta avevo un nome, ma è stato
sigillato" disse l'Episcopo. "Temo dovrai accontentarti
di come mi chiamano oggigiorno. Io sono l'Episcopo della Chiesa di tutto ciò che non è
definito di Eris Discordia".
Il bambino lo guardò, e dal suo sguardo si capiva che doveva essere molto confuso. "E questo cosa
vuol dire?"
"Prova a chiudere gli occhi". Billy strinse le palpebre finché non vide che una confusione di
esplosioni porpora. "E ora immaginati uno stormo di uccelli. Un grande stormo..."
Il bambino annuì e l'Episcopo gli disse di riaprire gli occhi.
"Quanti erano gli uccelli che hai
immaginato?" chiese. "Il numero esatto".
"Non li ho contati..." disse il bambino. Le
sue guance avvamparono d'imbarazzo, e, sentendosi in colpa, abbassò lo
sguardo.
"Ecco". Il sorriso dell'Episcopo era molto rassicurante. "Lì si estende il mio episcopato".
Billy non era certo di aver capito. Abbassò di nuovo
lo sguardo e incontrò il volto amichevole di Daniel, che gli sorrideva al modo
dei cani e scodinzolava.
Il torpore dell'ipnosi gli cadde di dosso ed egli
ricordò ogni cosa: che si era svegliato tardi, che aveva provato a chiamare la
mamma e il papà, persino il burbero signore che lo aveva raccolto per strada e
gli aveva detto che sarebbe andato tutto bene.
"Dove sono la mamma e il papà?" chiese.
Sentì il magone salirgli per la gola, ma per qualche motivo si disse che non
doveva piangere. Solo, voleva i suoi genitori.
Il sorriso dell'Episcopo morì sul suo volto. Prese la
mano di Billy in una delle sue e la accarezzò con delicatezza.
"Dobbiamo parlare" disse.
La porta si aprì cigolando.
"Chi è?" chiese l'inquilino
dell'appartamento. Era un ragazzo giovane, muscoloso, con capelli lunghi e biondi. Era in cucina, la prima porta sulla destra rispetto all'entrata.
Gli tremava la voce.
Nessuno rispose alla sua domanda, ma egli sentì
comunque il suono deciso di stivali che avanzavano lungo il corridoio.
"Ho detto chi cazzo è?" ripeté, alzando il
tono di voce. Aprì il cassetto delle posate ed estrasse un coltello, poi si acquattò dietro alla porta, concentrandosi sul rumore di passi.
"Ti avviso, hai fatto la stronzata della
vita".
I passi si arrestarono appena prima di raggiungere la cucina, ed egli saltò dalla porta trinciando l'aria col coltello, dall'alto in
basso, con forza. Forò la mano di Hurt, la destra, che il detective aveva
alzato per proteggersi la faccia. Hurt lo colpì col calcio della pistola e lo
fece cadere accanto al tavolo. Entrò nella stanza e gli puntò l'arma contro.
"C-chi sei?" chiese il ragazzo.
Hurt non rispose e rimase a guardarlo con la pistola
sollevata. Si concentrò e la mano destra divenne intangibile: con un suono metallico il coltello colpì il pavimento.
"Stanotte sei entrato in una casa" disse, in
un tono di voce neutro. "Non so cosa sia andato storto, ma ti hanno
scoperto. Forse eri troppo fatto per stare zitto. Così li hai uccisi".
"Non è vero. Non so
di cosa stai parlando".
"Non provare a mentirmi, Joe" disse Hurt, chiamandolo col suo nome. "Non mentre mi guardi negli occhi".
Il ragazzo deglutì e si guardò attorno, cercando
qualcosa che potesse usare come arma. Ma non dovette trovare nulla.
"Cosa vuoi
da me?"
Il detective lo studiò con cupa attenzione.
"Pareggiare i conti".
Daniel era riuscito a strapparsi il collare e ora
correva libero in giardino, abbaiando e invitando Billy a seguirlo. Il bambino
aveva detto di voler andare a giocare, ma ora stava seduto sugli scalini del
portico fissando l'erba con aria assente.
L'Episcopo lo teneva d'occhio dalla finestra. Il
flusso dei suoi pensieri lo riportò ad Hurt: alzò gli occhi al cielo e si
chiese cosa stesse facendo. I sensi gli dicevano che non era ancora
capitato niente di irreparabile, ma anche che era solo questione di tempo. Chiuse gli
occhi e pregò le Vecchie Madri che vegliassero su di lui.
Hurt stava per premere il grilletto. Avrebbe vendicato
la famiglia del bambino e chissà quante altre. Avrebbe impedito che
quell'uomo uccidesse ancora.
Joe si gettò in avanti, baciandogli gli stivali,
piagnucolando che avesse pietà. Gli giurò che sarebbe cambiato. Gli afferrò i calzoni, ma Hurt alzò il piede e lo colpì di
punta, facendolo rotolare all'indietro.
Quest'uomo merita la morte?, si
chiese. Non lo meritiamo tutti?
Vicino al forno a microonde l'aria parve condensarsi.
Tre donne si materializzarono e lo guardarono con occhi antichi, privi di
approvazione o di condanna. Hurt rispose al loro sguardo, poi sollevò la
pistola. Non avrebbe sparato. Le donne lo capirono e svanirono.
Si chinò sopra Joe. Teneva ancora in mano la pistola, ma solo
perché non voleva che quello tentasse di scappare.
"Guardami" disse.
Joe mugugnò qualcosa, ma rimase con la testa tra le
mani.
"Ho detto... guardami!" ruggì il detective, e Joe sussultò, non potendo fare a meno di alzare lo sguardo.
"Tra poco me ne andrò e tu non ricorderai più nulla
di quanto è successo" disse. "Ma ti alzerai e andrai subito al
commissariato a costituirti. Firmerai la tua confessione senza fiatare e in
tribunale insisterai per avere il massimo della pena concessa. Nessun patteggio, nessun trucco del tuo difensore. E finché
non avrai scontato la pena soffrirai di terribili incubi. Ogni notte ti verranno a far visita i volti delle persone a cui hai fatto del male. Ti sveglierai
impaurito e più stanco di prima, e pregherai che tutto ciò finisca presto.
"Per finire, d'ora in avanti ogni volta che l'idea di infrangere la legge ti passerà per quella testa del cazzo, non importa
dove sarai, ti cagherai nei pantaloni, violentemente. Sono stato abbastanza
chiaro?"
Joe aveva gli occhi spalancati e un sottile rivolo di
bava gli usciva dalla bocca. Mimò un "Sì" con le labbra e si
chiuse di nuovo nel mutismo.
Hurt annuì e, senza più degnarlo di uno sguardo,
uscì dall'appartamento. Appena fu in strada prese una sigaretta, l'ultima del
pacchetto, e rimase a fissarla come non sapesse cosa farne. All'improvviso la
strinse nel pugno, si piegò e vomitò in silenzio.
La Thunderbird era di nuovo parcheggiata davanti al
giardino.
"Come sta il ragazzo?" chiese Hurt, mentre
con la destra si appoggiava a una colonna del portico.
"Come saresti stato tu se alla sua età ti
avessero ucciso la famiglia" disse l'Episcopo.
Hurt abbassò lo sguardo e non disse nulla.
"Sta guardando la televisione con Daniel. È un
bambino silenzioso".
"Grazie per averli ospitati" disse il
detective. "Ora ci penso io". Fece per entrare, ma l'Episcopo gli mise
una mano sul petto.
"Non fa nulla, Jack. Lo porto io ai servizi
sociali".
"Sei gentile".
L'Episcopo sorrise. "Voglio chiedere
l'affidamento. O l'adozione, insomma, quello che è. Devo fare qualche magia, se capisci".
"Perché?"
"Sono stato solo troppo a lungo. E sicuramente a
Billy non gioverebbe un orfanotrofio, in questo momento".
"Vuoi addestrarlo?"
L'Episcopo scosse la testa. "Sono fuori dal giro,
lo sai. Niente più magia".
Il detective sorrise. "Non se ne è mai fuori,
vecchio. Ci sono solo pause più lunghe tra una ripresa e l'altra". Si rese conto che era dalla morte di Rosemarie che non si sentiva così in pace: gli pareva che un grosso peso gli si fosse come tolto di dosso. Annuì, e un'espressione serena gli distese il volto. "Sono successe cose anche più strane" disse
all'Episcopo, come se stesse pronunciando una battuta che solo loro due potevano
apprezzare.
Allora l'Episcopo rise e gli porse la mano.
"Quando Daniel ha finito digli che può tornare a
casa" disse Hurt stringendogliela. "A meno che Billy non desideri
ancora la sua compagnia".
"Lo farò".
Hurt annuì di nuovo, si girò e scese i pochi gradini del
portico... quando all'improvviso lo raggiunse la voce dell'Episcopo, e fu
costretto a girarsi.
"Sono contento che tu abbia fatto la scelta
giusta" disse.
Il detective abbozzò un sorriso, sollevò la mano a mo'
di saluto e si allontanò sul vialetto.
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