mercoledì 2 aprile 2014

Editoriale 2


Il fulmine Ethan

[Editoriale a cura di Stefano Mazzoni]




Ogni eroe della narrativa popolare finisce per scontrarsi con la sua nemesi, in genere una versione diabolica di se stesso. La nemesi rappresenta ciò che avrebbe potuto essere l'eroe se avesse scelto una strada, un punto di vista, diversa dalla propria. Spesso, se lo scrittore è brillante, la differenza tra questi personaggi si fa sottile quanto il crine di un cavallo, e nelle storie migliori noi ci sorprendiamo a domandarci chi sia il buono e chi il cattivo. Batman ha il Joker, Sherlock Holmes Moriarty, e il Dottore ha il Maestro.
Questi, a dire il vero, sono più o meno tutti gli esempi che mi vengono in mente in questo momento.

Quando ho avuto l'idea di Jack Hurt (e questa è una frase che mi sentirete dire spesso) ho anche provveduto a fornirlo di una nemesi credibile. Avevo chiaro in mente il Maestro nell'interpretazione di John Simm, forse più sfaccettato, disturbato e affascinante delle sue controparti precedenti, partendo dal deludente Maestro in puro stile Mandarino di Doctor Who - The movie e procedendo a ritroso fino alla sua creazione.
Perché abbiamo deciso che qui, oggi, Jack dovesse perdere contro il diabolico dottore[1]? Presto detto: a monte di questa scelta sta la verosimiglianza. Una persona come Hurt, col lavoro di Hurt, e persino con i talenti e il coraggio di Hurt, finirebbe presto o tardi per venire sconfitto. Quello che noi scriviamo non è, almeno nelle intenzioni, un eroe stereotipato che, per esigenze di copione, finisce sempre con l'ottenere una vittoria; se le premesse dovessero portare a questo risultato, noi faremo senz'altro fallire Hurt. Già adesso ha fallito il suo incarico, e posso anticiparvi che perderà di nuovo in futuro.
Perché prima di tutto Hurt è un essere umano, e conosce il dubbio, la crudeltà, la paura e la sconfitta; ma anche la pietà, il sacrificio e la vittoria. Ed è questo a far di lui un... be', lo sapete.





[1] Chi ha urlato Fu Manchu?!

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